Forlì ricorda Letizia Battaglia, fotografa antimafia

La guerriera dai capelli color fucsia se ne è andata: la scorsa notte a 87 anni è morta Letizia Battaglia, storica fotografa testimone della guerra di mafia di Palermo tra gli anni Settanta e Ottanta. Battaglia era molto legata a Forlì: lo scorso ottobre, appena reduce da una polmonite, vi aveva tenuto a un gruppo di giovani da tutta Italia, un workshop fotografico collegato alla mostra “Essere umane, 30 grandi fotografe raccontano il mondo”, in cui erano presenti anche suoi scatti. «Letizia Battaglia – dichiara Monica Fantini, ideatrice e coordinatrice del “Buon vivere”, organizzatore della mostra – ha sempre rifiutato etichette e ha saputo vivere la propria esistenza senza premeditazione, nella pienezza di ciò che sentiva dovesse essere fatto e portato avanti, come lei stessa ci ha raccontato. Letizia era una indiscussa forza della natura, e anche nei giorni in cui è stata nostra ospite a Forlì non si è mai risparmiata, nonostante la fatica, ma ci ha travolti con la sua energia senza età, un’amica insostituibile da cui imparare e alla quale ispirarsi nella capacità di visione, nel coraggio della lotta per l’uguaglianza e per i diritti, nella schiettezza del racconto e, ovviamente, nell’inimitabile potenza artistica. Averla conosciuta è un privilegio per tutti noi».

Nell’ottobre forlivese Battaglia si raccontava senza mezzi termini, con l’eterna sigaretta fra le dita, generosa nonostante l’età e la malattia che non l’aveva lasciata del tutto: «Dopo tanto lavoro e tante lotte combattute a Palermo, nel 2003 me ne sono andata dalla Sicilia, constatando il successo di Berlusconi. Mi sono rifugiata a Parigi, in preda alla depressione, disperata nel vedere che la gente sembrava aver dimenticato i tanti morti. Ma poi ho ricominciato a lottare, e nel Centro internazionale di Fotografia di Palermo ho creato un reparto tutto sulla mafia con le opere di 12 autori: i ragazzi devono vedere quelle immagini, poi… forse capiranno, o cambieranno, anche se la mancanza di prospettive e del lavoro, dell’organizzazione di un pensiero per i giovani in Sicilia, in Campania, in Calabria specialmente, non fa ben sperare. Io però non amo le mie “foto di mafia”, amo riprendere le bambine, le donne, la dolcezza, che mi riporta al mio sogno di un mondo bello, equo, senza prepotenza. E per raccontarlo, uso il bianco e nero, elegante, solenne. Vuoi mettere che meraviglia un corpo nudo ripreso così? È elegante, mai volgare, perché il bianco e nero è rispettoso e sublime, è capace di rendere ogni cosa nella sua essenzialità, nella sua verità».

Newsletter

Iscriviti e ricevi le notizie del giorno prima di chiunque altro Clicca qui