Forlì, opere d’arte da tutto il mondo per la mostra “Ulisse. L’arte e il mito”

Forlì

FORLÌ. «Siamo andati a cercare opere in tutto il mondo… e tutto il mondo per quattro mesi, dal 15 febbraio al 23 giugno, verrà a Forlì per vederle»: parola di Gianfranco Brunelli, direttore generale delle mostre dei Musei San Domenico curate dalla Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì. Brunelli riassume così il grande lavoro ma anche i grandi risultati, del Comitato scientifico presieduto da Antonio Paolucci per la nuova grande mostra forlivese, “Ulisse. L’arte e il mito”.

La scelta delle opere

Tremila le opere esaminate, duecentocinquanta circa quelle poi scelte: dall’Ermitage, dal Castello di Praga, dai partner italiani ormai “storici” come i Musei Vaticani, ma anche dalla lontana Art Gallery of South Australia di Adelaide: un impegno scientifico (ed economico) enorme, al servizio di un’idea. Come sempre infatti le mostre forlivesi non si limitano ad accostare opere, pur preziose, sotto il comune denominatore di un titolo, ma mirano a dimostrare, spesso in maniera innovativa, una tesi. «Le sedici sezioni della mostra – chiarisce infatti Brunelli – esaminano il mito di Ulisse nell’arte, dalla creazione omerica a noi, in un racconto che lo mostra e lo analizza nel contesto delle diverse epoche, con l’influenza esercitata su di esso dall’arte». Ecco quindi che nella ex chiesa di San Giacomo viene ospitato il concilio degli dei: statue ellenistiche, romane, o il calco in gesso del “Poseidone (o Zeus) di Capo Artemisio” di Bruxelles. E al centro, a sensazione, la nave greca ritrovata sui fondali di Gela e mai esposta finora al pubblico: un relitto di VIII secolo a.c. che con pochissimi altri racconta caratteristiche tecniche, rotte e commerci della grecità proiettata sul Mediterraneo. A farle da contraltare nell’abside, il grande cavallo di Mimmo Paladino, strumento dell’inganno con cui il “polutropos” Odisseo riesce a vincere la resistenza di Troia.

Ulisse, un mito senza tempo

“Mostre nella mostra”, le sezioni raccontano un mito senza tempo e le sue “svolte”: quella dantesca, che rielabora profondamente l’interpretazione del modello, con tutto il pensoso e doloroso «rispecchiamento vissuto dal “loico” Dante, nei confronti di una figura che antepone alla Grazia la conoscenza e la ragione». Passo passo i curatori (Francesco Leone, Fernando Mazzocca, Fabrizio Paolucci, Paola Refice e Alessia Mistretta) conducono all’arte del Cinquecento, in cui alla virtù di Ulisse gli “a fresco” e le opere di Dossi o Beccafumi associano quella del principe. Il classicismo istituisce un rapporto con l’antico attraverso Hayez, Bottani, Füssli… mentre nel ’900 l’arte con Joyce, Kafka, Pascoli fino al Primo Levi di “Se questo è un uomo”, fa di Ulisse un esule, che ha perso Itaca e cerca, prima di tutto, se stesso. «La mostra si chiude “ad anello” rispetto all’inizio – conclude Brunelli – con il busto del Museo di Sperlonga nella Sala circolare, e la video realizzazione “The Encounter” di Bill Viola, a sigillare una esperienza culturale ed emotiva, la narrazione di un viaggio di conoscenza che è quello di Ulisse ma anche il nostro: in cui il ritorno è possibile solo attraverso l’incontro». M.T.I.

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