Forlì, "No vax talmente ostinati che non ascoltano neanche noi Usca"

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Il Covid non è più lo stesso. Luigi Salines, direttore della struttura complessa dell’unità operativa Cure primarie di Forlì-Cesena, lo ha rilevato personalmente. «Il coronavirus colpisce molto di più, ma più lievemente. Però solo se si è vaccinati». L’esperienza di assistenza al domicilio delle persone affette dal Covid-19 conferma ancora una volta le evidenze raccolte fino ad adesso. Eppure, permane una fetta di popolazione che quelle evidenze continua a non volerle guardare. «La maggior parte di quelli che si ammalano in forma grave sono non vaccinati – racconta Salines, che dall’inizio dell’emergenza coordina le Usca, Unità speciali di continuità assistenziale – e la maggioranza di loro rimane ferma nelle sue convinzioni anche di fronte alla malattia, anche a quella seria».

Dottor Salines, lei e i “suoi” medici avete mai incontrato no vax “pentiti”?

«Raramente. Mi sono rimaste più impresse le situazioni di malati che persistevano anche nel rifiutare le cure e i suggerimenti dei medici Usca. Uno in particolare, un cesenate, qualche settimana fa è addirittura finito in terapia intensiva perché si ostinava a fare di testa sua, a sottovalutare il rischio, a usare rimedi alternativi. In pratica, la sua convinzione era talmente radicata che non ha seguito nessuna delle prescrizioni che gli aveva dato il medico».

Ma i familiari cosa facevano? Non gli dicevano di ascoltare i dottori?

«A volte proprio l’ambiente familiare supporta queste scelte. Capita che siano convinzioni condivise da tutta la famiglia. È deleterio quando succede».

Lui alla fine ce l’ha fatta?

«Sì, in Terapia intensiva per fortuna si è salvato. Ma resta il fatto che se si fosse vaccinato oppure se semplicemente avesse seguito le indicazioni dei dottori non ci sarebbe finito».

Quanti sono i medici Usca impegnati nel Forlivese in questo momento?

«Sono 13 più due dedicati alle strutture per anziani. A livello complessivo siamo in sofferenza perché è difficile reperire medici per via della carenza generale in Italia. A questo si associa il fatto che oggi le opportunità di lavoro per un medico sono cresciute molto rispetto al passato, sia a livello ospedaliero che territoriale. Andiamo avanti anche grazie alla collaborazione con i medici di medicina generale, con cui le Usca comunicano attraverso un numero dedicato». I dettagli sul Corriere Romagna oggi in edicola

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