Forlì, l’omaggio di Daniela Nicosia al maestro Alberto Manzi

Chi era bambino negli anni Sessanta, forse ricorda pomeriggi televisivi davanti al bianco e nero di “Non è mai troppo tardi”, la trasmissione con cui Alberto Manzi insegnò a leggere e a scrivere, si calcola, a oltre un milione e mezzo di adulti. La regista e autrice Daniela Nicosia ha voluto pagare un suo personale debito di riconoscenza, con lo spettacolo “Alberto Manzi. Storia di un maestro”: a Forlì, al teatro Testori, questa sera (ore 21). In scena, Marco Continanza e Massimiliano Di Corato, le immagini video sono curate da Mirto Baliani. «È un progetto che da tempo avevo nel cassetto – ricorda Nicosia – e nasce quando, bambina, con mio nonno guardavo alla tivù questo maestro così dolce e innovativo. Ci coinvolgeva insegnando con i disegni, anzi mi divertivo quasi più che con… la tivù dei ragazzi! Mi sono portata dentro per anni quell’amore, il suo sorriso nel fare le cose, e quando durante il lockdown ho iniziato ad approfondire le notizie su di lui, ne ho trovato conferma. Era un grandissimo educatore, un “maestro”: una figura fondamentale in una società democratica perché se incontri quello giusto, ti può cambiare la vita. Sapeva che alfabetizzare significa emancipare, permettere un futuro che include, e per questo, lo si può considerare un rivoluzionario della didattica».

Qualcuno ha tracciato un parallelo fra la trasmissione di Manzi e la “dad”. «C’è una distanza abissale. Lui puntava a tenere viva l’attenzione cognitiva, stimolandola attraverso domande che non avessero una risposta implicita. Forse è per questo che lo sento così affine a me e al mio lavoro nel teatro, alla mia idea di suscitare emozioni negli spettatori, e poi il pensiero: un link con questa figura complessa, sfaccettata, di grande coerenza intellettuale e quindi anche scomoda. Manzi infatti fu sospeso dall’insegnamento nel 1981 quando rifiutò di compilare le “schede di valutazione”. Lui voleva accompagnare le persone in un percorso, non giudicando né mettendo etichette ma esercitando la cura verso gli altri e verso chi era in difficoltà».

Lo spettacolo è proprio incentrato su questo. «Sì, è ambientato nel carcere minorile Aristide Gabelli di Roma dove lui, dopo la guerra insegnava a 90 ragazzi. Con loro Manzi stabiliva un contratto di fiducia, convinto che non sia mai troppo tardi per scrivere la propria vita. Poi vengono toccate le altre fasi della sua vita, scandite da una partitura sonora che distingue e sottolinea tempi e ambienti diversi».

Lo spettacolo prevede anche una parte video. «Mirto Baliani ha scelto immagini non come commento o didascalia ma per una drammaturgia visiva, fatta per incrociare il testo. Così, il mio segno di regista governa immagini, parole, le musiche… per un teatro di emozioni».

Spettacolo dai molti riconoscimenti, viene apprezzato dal pubblico. «Sì, perché racconta l’uomo: e questo produce un’atmosfera particolare, una commozione anche in chi non lo conosce. Ma figure di educatori come lui o don Milani, portatori di una democrazia dell’educazione, sono punti di riferimento per tutti, anche oggi».

Biglietto: 16-8 euro.

Info: 0543 722456

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