Forlì. L’addio dei Lares: “Lasciamo una parte di città pronta ad essere ricostruita”

Domani le colonne mobili della Protezione civile provenienti da tutta la Penisola torneranno nelle proprie città e con loro anche i Lares Italia, ovvero tutti quei giovani volontari tra i 20 e i 40 anni che costituiscono il collettore di competenze scientifiche e accademiche che si sono messi a servizio del sistema di Protezione civile e che dal 2013 sono diventati una organizzazione di rilevanza strategico-nazionale. Dal 21 maggio scorso, per semplificare, la costola della Protezione civile composta prevalentemente da universitari ha iniziato il suo percorso di gestione dell’emergenza anche a Forlì, dopo l’alluvione che ha messo in ginocchio diversi quartieri della città. «Sostanzialmente ci siamo occupati delle attività di supporto al coordinamento, a fianco della Protezione civile – spiega il presidente nazionale Unione degli esperti della Protezione civile “Lares Italia”, Danilo Calabrese -. La nostra peculiarità è che rappresentiamo tutti i giovani tra i 20 e i 40 anni che arrivano dal mondo universitario. Tra noi ci sono studenti, ricercatori e anche docenti. Di Lares Italia esistono 8 sedi in tutto il Paese, è qui che reperiamo competenze e ad oggi contiamo circa 500 soci». A Forlì, e per quattro settimane, hanno operato 6 persone fisse al giorno. «Abbiamo operato in team misti con volontari geologi, informatici e soprattutto costituiti in base alle esigenze che si susseguono nel corso dell’emergenza -. Il nostro è stato un pezzettino di un lavoro molto più grande che ha visto impegnati oltre 700 volontari della Protezione civile, decine e decine di uomini dell’esercito e dei Vigili del fuoco».

In questo mese il Comune ha potuto contare sul supporto dei Lares Italia. «Sostanzialmente abbiamo fatto da raccordo tra il Coc (Centro operativo comunale) e l’attività operativa fatta sul campo dalle colonne mobili – prosegue Calabrese -. E’ stato costituito una sorta di centralino, qui abbiamo ricevuto le segnalazioni che arrivavano al Comune. Dopo di che procedevamo con un triage e valutavamo le diverse esigenze delle persone colpite dall’alluvione stabilendo delle priorità per passare agli interventi che, chiaramente, nel corso delle settimane sono cambiati. Domani ce ne andremo, ma lasciamo una porzione di città pronta ad essere ricostruita. Ci sarà un passaggio delle consegne al Comune, al nostro posto ci saranno dipendenti comunali formati e pronti a proseguire su questa strada». Cosa resta dell’esperienza a Forlì? «Ci abbiamo messo tutto il nostro impegno e la nostra competenza – conclude Calabrese -. Avevamo detto che avremmo ripristinato la viabilità su viale Bologna con l’apertura del ponte venerdì della scorsa settimana e lo abbiamo fatto. Abbiamo agito in contesti differenti e a volte complicati, come la situazione in via Padulli dove gli operatori sul campo dovevano essere pratici ma allo stesso tempo dovevano commisurare la parte emotiva perchè, in alcuni casi, in circostanze come questa in cui le persone sono state colpite dall’alluvione può subentrare la disperazione. Ora che ce ne andiamo, torniamo ad occuparci di quello che normalmente facciamo in tempi di pace, ovvero formazione e diffusione della cultura della Protezione civile».

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