Forlì. Intesa per contrastare il caporalato in provincia

Lo sfruttamento del lavoro ha un nemico in più in provincia. È stato siglato, ieri in Prefettura, un protocollo per contrastare il caporalato, fenomeno che non risparmia il nostro territorio e che muta il suo aspetto finendo per essere più difficile da individuare. Un documento, sottoscritto da magistratura, forze dell’ordine, sindacati e istituzioni del mondo del lavoro e della sanità che mira a prevenire fenomeni di sfruttamento. «Nella provincia di Forlì- Cesena – afferma la procuratrice Maria Teresa Cameli – abbiamo una forma di caporalato che non è più solo di estrazione agricola ma si è esteso in altri ambiti come il mondo dei trasporti e anche del terziario per certi versi».

È un'attività criminale che allunga dunque i suoi tentacoli in tantissimi settori lavorativi ed il suo volto è sfuggente tanto da essere sempre più difficile da tratteggiare. «Si sta modificando un po' come il virus del Covid – continua –. Purtroppo, lo sviluppo dell'informatica, fa si che si stia sostanzialmente creando un nuovo tipo di caporalato. Mentre prima il caporale era persona fisica, adesso assistiamo a fenomeni in cui non abbiamo più una persona reale di riferimento ma si sono affermate forme sofisticate che sono apparentemente legali». Si muove, dunque, su più fronti attraverso ad esempio «agenzie di servizi, appalti, subappalti, false cooperative» dove la figura del datore di lavoro è sempre più evanescente. «Il caporale viene sempre più spesso sostituito da software e algoritmi». Le vittime, invece, rimangono le medesime.

Si tratta, nella maggior parte dei casi, di persone poco tutelate, spesso immigrati, che finiscono per essere vittime di una schiavitù contemporanea. «Siamo in presenza di soggetti che versano in stato di bisogno – sottolinea la procuratrice – che provengono da realtà personali molto difficili e che quindi tendono a sfuggirci piuttosto che chiedere aiuto». Lavoratori sfruttati e sottoposti a situazioni di degrado umano e lavorativo, sottopagati e che spesso non disponendo di una casa vengono fatti dormire su pagliericci in casolari diroccati senza servizi igienici e orari di lavoro. «Il protocollo – dichiara il prefetto, Antonio Corona – può far in modo che ci sia quanta più tempestività e precisione dell'azione». Grazie alla messa in rete di diversi soggetti, permette di raccogliere in maniera precoce una serie di indizi che possono essere cruciali in fase d' indagine e a portare ad un veloce riscontro effettivo della situazione che si sta verificando.

«Scopo del protocollo – sottolinea la procuratrice - è che queste situazioni possano fermarsi prima, che le condotte criminali possano essere velocemente intercettate e bloccate perché la dignità del lavoro è uno dei diritti fondanti dell'uomo e il caporalato è uno sfruttamento barbaro. Grazie a chi ha collaborato alla stesura di questo protocollo. Noi speriamo, nel nostro piccolo, che anche questo sia un tassello importante per portare avanti una lotta rispetto ad un fenomeno che insulta tutti gli uomini».


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