Forlì, Gaudio: "Porte aperte ai medici ucraini, ma non per risolvere le nostre carenze"

A dare una mano alla sanità italiana potrebbero essere medici e infermieri ucraini, rifugiati nel nostro paese. Medici e professionisti sanitari in fuga dalla guerra potranno infatti esercitare fino al 4 marzo 2023 la professione in Italia in via temporanea. Lo prevede il decreto “Misure urgenti” per l'Ucraina il quale stabilisce che “E' consentito l'esercizio temporaneo delle qualifiche professionali sanitarie e della qualifica di operatore socio-sanitario ai professionisti cittadini ucraini residenti in Ucraina prima del 24 febbraio 2022 che intendono esercitare nel territorio nazionale, in strutture sanitarie pubbliche o private, una professione sanitaria o socio sanitaria in base a qualifica conseguita all'estero regolata da direttive Ue”. Le strutture sanitarie interessate possono procedere al reclutamento temporaneo di tali professionisti, muniti del Passaporto europeo delle qualifiche per i rifugiati, con contratti a tempo determinato o con incarichi libero professionali, anche di collaborazione coordinata e continuativa.
«Abbiamo esaminato non solo il testo, che comunque va interpretato, ma anche la possibilità di una richiesta di una dottoressa ucraina che è arrivata a Forlì - afferma Michele Gaudio, presidente dell’Ordine dei medici di Forlì –. Sembra di capire che gli Ordini non devono fare altro che essere informati dalle strutture sanitarie che acquisiscono queste professionalità. Credo che comunque la norma sia destinata ad avere un discreto seguito. Si parla di passaporto europeo con qualifiche di rifugiato, che attesta anche il possesso dei titoli. La semplificazione sta nel fatto di non avere l’obbligo di iscriversi all’ordine ma c’è un riconoscimento automatico della laurea senza passare dal Ministero, cosa che richiederebbe mesi».


Questi professionisti potrebbero essere una risorsa per il nostro sistema sanitario?
«Se sono rifugiati gli si dà la possibilità di lavorare, ma non la metterei come una soluzione alla carenza di medici che abbiamo a Forlì e in generale in Italia. Il senso del provvedimento deve essere quello di dare un ulteriore aiuto al popolo ucraino. In pratica si dà ai rifugiati la possibilità di lavorare con dei contratti, non come volontari. Però non la dobbiamo vedere come una soluzione alle nostre problematiche – prosegue Gaudio – anche perché è un provvedimento che vale per un anno. Stiamo parlando della possibilità che diamo ai rifugiati di venire in Italia con il riconoscimento dei loro titoli professionali per aiutarli ad esercitare la professione intanto che sono nel nostro paese. Considerato che il provvedimento vale un anno e che i sanitari ucraini cercheranno probabilmente di tornare a casa il prima possibile, credo che il tutto vada visto come un aiuto ulteriore ai profughi».
«Il passaggio fondamentale era quello di capire se c’era un coinvolgimento diretto dell’Ordine – spiega Gaudio – dall’interpretazione sembra che gli ordini vengano solo informati dalle strutture che faranno lavorare questi professionisti. Mi piace pensare che sia fatto tutto nell’ottica di dare un ulteriore aiutato ai rifugiati. Se continua così l’intensità degli scontri credo che possa essere uno strumento utilizzato, bisogna vedere come va la guerra in Ucraina».

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