Forlì, figli di mamme lesbiche. Il giudice: sono fratelli

Forlì

FORLI'. l tribunale di Bologna ha riconosciuto ufficialmente il legame di tre fratellini arcobaleno con due sentenze gemelle innovative che hanno accolto le istanze delle due mamme dei bambini. In pratica il giudice ha concesso ad entrambe le mamme di adottare i figli dell’altra e di riconoscerli come fratelli anche legalmente. Protagonisti della vicenda sono Paola Possanzini (46 anni) e Sonia Caruso (53), unite civilmente e i loro figli Giulia (9), Gabriele e Paride (gemelli di 5 anni). Una famiglia allegra e numerosa che vive insieme da sempre, ma legalmente i bambini non erano considerati fratelli e avevano cognomi diversi.

«Ci siamo conosciute nel ’96 a Bologna durante l’Università, nel 2000 siamo andate a convivere e nel 2008 abbiamo cominciato a prendere in considerazione l’idea di provare ad avere dei figli – racconta Paola – Siamo andate a Bruxelles e abbiamo avuto molta fortuna, alla seconda inseminazione Sonia è rimasta incinta e pochi mesi dopo è arrivata Giulia. La nostra idea era di avere altri figli e anch'io avevo il desiderio di una gravidanza, così cinque anni fa sono nati anche i gemelli con la fivet (fecondazione in vitro) e la famiglia si è completata. Abbiamo vissuto in provincia di Milano per diversi anni, a fine 2016 ho avuto il posto all’ospedale di Forlì come medico e sono venuta in Romagna, Sonia e i bambini mi hanno raggiunta nel 2017. In questa città stiamo benissimo: ci sono tanti parchi, abbiamo riscoperto la dimensione familiare, vado al lavoro in bici e riesco anche a prendere Giulia da scuola. Tutte cose impossibili a Milano». Paola e Sonia si sono unite civilmente nel 2017 e volevano certezze anche per i bambini, che fosse riconosciuto nero su bianco il loro legame e che portassero tutti lo stesso cognome: Caruso Possanzini. «La semplice adozione non è abbastanza – prosegue Paola – Fino ad oggi ci siamo affidate al buon cuore di chi ci trovavamo davanti a livello di pubblica amministrazione, siamo sempre stati considerati una famiglia, ma se trovi qualcuno più rigido ti può creare problemi. Ci preoccupava l’idea che i nostri figli potessero essere separati in nostra assenza perché non riconosciuti fratelli. Anche il cognome diverso poteva essere un problema per loro e nel periodo di emergenza Covid abbiamo visto che esistono tanti buchi a livello amministrativo che potevano causare dei problemi. Con queste sentenze il loro legame è un diritto acquisito e mi auguro che il nostro caso sia il primo di una lunga serie».

Il presidente del tribunale di Bologna Giuseppe Spadaro ha trovato un appiglio per una sentenza destinata a fare giurisprudenza, riconoscendo il legame dei tre bambini che hanno vissuto insieme fin dalla nascita. «A Spadaro bisognerebbe fare un monumento per aver dato una interpretazione corretta della vicenda – sottolinea Paola – ha riordinato quello che negli affetti è la nostra famiglia. I bambini si considerano fratelli da sempre, per loro nulla è cambiato, se non il fatto di avere un cognome diverso da prima. Sonia ed io invece possiamo bruciare tutte le dichiarazioni e le scartoffie che abbiamo dovuto fare in questi anni per gestire i bambini». Ma i fratelli come vivono il fatto di avere due mamme? «Alcuni bambini quando Giulia dice di avere due mamme è “che bello anch'io voglio due mamme!”. Lei ha sempre gestito tutto da sola con gli amici, i due gemelli non hanno neanche bisogno di dirlo, non si pongono proprio il problema. Noi siamo state fortunate, ma in Italia siamo ancora indietro su questo fronte, manca soprattutto la formazione nel personale della pubblica amministrazione che non ha gli strumenti per gestire situazioni come la nostra».

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