La produzione di olio è iniziata quasi per scommessa partendo da 23 piante di proprietà mentre oggi quelle che fruttano sono 15mila. La storia imprenditoriale della tenuta Pennita, realtà che fonda le proprie radici a Terra del Sole e che è annoverata tra i primi 10 migliori produttori in Italia di olio extravergine di alta qualità, è lunga e fatta di passione per la terra ed i suoi frutti. «Dal 1978 – racconta il titolare, Gianluca Tumidei – facciamo vino mentre la produzione di olio è iniziata nel 2002. Ho iniziato a fare olio per scommessa. Nel 2001, infatti, abbiamo deciso di ristrutturare la cantina e per questo giravo per le fiere alla ricerca di novità in ambito di tecnologia e attrezzature. Chi era con me, puntualmente, mi veniva a recuperare nei padiglioni dei frantoi. Volevo comprare un frantoio, mi chiedevano se fossi impazzito. Ho comprato un frantoio con 23 piante di proprietà: adesso gestiamo circa 15mila piante e di frantoi ne abbiamo cambiati 6». Anno dopo anno, la produzione è cresciuta ed oggi circa il 70% degli ulivi sono a Brisighella mentre il 30% a Castrocaro. «Fare olio per un agricoltore non è tanto redditizio nei nostri territori con delle rese basse ma se si riesce a dare valore aggiunto al prodotto allora le cose cambiano. Abbiamo recuperato olivi abbandonati – continua –. Una pianta da frutto dopo due anni va in produzione, un olivo va in produzione dopo 10 anni quindi dovevamo trovare delle piante già in produzione. Se sono secolari è meglio». I frutti prodotti da piante centenarie sono certamente un valore aggiunto in termini di qualità così come la raccolta eseguita ancora a mano e non meccanizzata. «Quelli che abbiamo recuperato sono piante che hanno dai 100 anni in su, olivi terrazzati quindi in zone difficili da raggiungere. Lavoriamo con la motocariola e la raccolta viene fatta a mano con degli agevolatori». Oggi le bottiglie prodotte finiscono sulle tavole non solo italiane. «Esportiamo in Giappone, Stati Uniti, Danimarca, Germania, Belgio – afferma Tumidei –. Al mercato nazionale si affianca quello locale che è contraddistinto anche da privati, oltre alla ristorazione. Abbiamo clienti fedeli che cercano prodotti di qualità. Direi che in questo caso il Covid è servito perché mangiando a casa la gente ha valorizzato i prodotti, riscoprendone i sapori». L’ultima raccolta è stata abbondante, superiore alla media come quantità ma le temperature miti, registrate in tutta la penisola, hanno lievemente penalizzato i profumi. «Non c’è stata escursione termica notturna – spiega Tumidei – e le notti calde in tutto il mese di ottobre non hanno permesso di sviluppare gli aromi che dovrebbero esserci in un olio di estrema qualità. È una situazione generale che non riguarda solo l’Italia e non solo l’olio ma anche, ad esempio, prodotti come mele o vino. Negli anni, il nostro territorio ha visto fiorire numerosi produttori di olio, più o meno grandi. In questo momento sta andando di moda la coltura dell’ulivo. C’è una valorizzazione dell’olio, un interesse verso prodotti di qualità per cui, oltre all’agricoltore, chi ha la possibilità di piantare 40-50 piante da frutto predilige l’olivo anche perché è una pianta che ha bisogno di meno trattamenti rispetto a tante altre ed è quindi è più gestibile». Una maggiore concorrenza che, tuttavia, viene vista come un’opportunità aggiuntiva per il territorio. «Siamo in continua crescita perché i clienti aumentano nonostante i produttori in questi 20 anni siano cresciuti. Per me è un bene perché se un tedesco appassionato di olio viene da me e il prossimo anno va da un altro, viene sempre in Romagna. Più siamo meglio è, lo spazio c’è per tutti». R.T.

Forlì. Crescono gli ettari di olivi, la scommessa vinta di Tumidei: da 23 a 15mila piante
