"A Forlì abbiamo chiuso il primo reparto per malati di Coronavirus"

Forlì

FORLI'. Ancora circola. Ma la sua forza d’urto si è ridotta. Il virus sta allentando la sua morsa di dolore e purtroppo anche di morte. Così, dopo tre mesi, chiude il reparto Covid di pneumologia. Da ieri è tornato a una normalità che mancava da novanta giorni, dall’inizio dell’emergenza.
«Dalla prossima settimana tornerà l’attività ordinaria», dice il direttore dell’ospedale Morgagni-Pierantoni, Paolo Masperi.
Direttore, è un primo passo verso la normalità. Come continuerete ad affrontare la presenza del virus?
«Chiudiamo quello di pneumologia, che era stato il primo ad aprire, ma nell’ambito forlivese resteranno per pazienti Covid Medicina, Malattie infettive e Villa Serena. Tutti reparti che in questi mesi sono stati in grado di ospitare a testa una ventina di pazienti».
La guardia quindi resta alta. Cosa vi aspettate?
«La situazione è molto migliorata, siamo in una fase in cui c’è un buonissimo controllo dell’epidemia. Ma non conoscendo ancora bene la malattia è chiaro che ci aspettiamo un possibile “ritorno”. Cerchiamo di gestire la coda dell’epidemia e rientrare gradualmente nella normalità restando però in allerta. Insomma, siamo prudenti».


Intanto da giovedì la terapia intensiva è vuota.
«Già, finalmente. Si può respirare e programmare. Così abbiamo fatto ad esempio per la Rianimazione».
Di che cosa parla esattamente?
«La nostra Rianimazione era ovviamente dedicata ai pazienti Covid. Appena si è svuotata ne abbiamo approfittato per programmare alcuni lavori che verranno completati tra pochi giorni. Abbiamo diviso il reparto in due settori: uno “pulito”, cioè per i pazienti ordinari della Rianimazione, dotati di sei letti, e un altro da tenere libero nell’eventualità che si debba ripresentare una fase acuta, con quattro posti».
Masperi, come ha detto, la fase acuta è passata. Come avete retto?
«Dal punto di vista organizzativo abbiamo dovuto fare operazioni importanti, riconvertire strutture intere e modificare sistemi di gestione dei pazienti. È stata una attività impegnativa per tutti. Ma l’urto lo abbiamo retto bene. Certo siamo stati per così dire anche aiutati».
Da cosa?
«Dal tempo. Qui l’epidemia è arrivata un po’ dopo rispetto ad altre zone e questo ci ha dato un paio di settimane di vantaggio. E nella zona forlivese i contagi sono partiti quasi in contemporanea con l’avvio delle misure restrittive delle quali abbiamo beneficiato di più rispetto alle prime aree di infezione. L’andamento del contagio non è stato così repentino e si è diluito. Vantaggi a parte, resta però la gravità della situazione. Io lavoro da oltre 30 anni e di maxi emergenze ne ho affrontate. Ma erano tutte differenti. Gli eventi acuti, come possono essere gli incidenti o i terremoti, li gestisci: sai che hanno un picco ma si spengono in fretta, sai qual è la prospettiva. Qui siamo partiti senza vedere all’orizzonte la fine e francamente, nonostante adesso si stia affrontando una fase calante, non siamo sicuri di cosa accadrà in futuro».
Considerata la curva dei contagi si può pensare di chiudere anche gli altri reparti Covid entro l’estate?
«Non possiamo dirlo. Guarderemo l’andamento epidemiologico e ci confronteremo con la Regione. L’importante è non abbassare la guardia e rispettare le regole. In questa fase il senso civico è fondamentale».

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