Forlì. Comune fuori da Livia Tellus, studio pronto ma "segreto"

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Lo studio di fattibilità che valuta gli impatti economico-patrimoniali dell’eventuale uscita del Comune di Forlì da Livia Tellus, che mette sul piatto su entrambi i versanti tutti i pro e i contro dell’operazione più volte annunciata dall’Amministrazione come sua volontà, è pronto, o almeno è una bozza nelle mani del consiglio d’amministrazione della holding delle società partecipate. Quando verrà presa, allora, la decisione? Presto, perché come ha affermato ieri in 1ª commissione consiliare la neo presidente di Livia Tellus, Antonella Danesi, «lo studio è ora nelle mani del collegio dei revisori contabili, attendiamo la sua stesura definitiva che sarà pronta davvero in breve termine, molto prima della scadenza che ci eravamo prefissi al termine del 2022».

Inizio autunno, dunque, e conti alla mano la palla passerà alla giunta e al consiglio comunale per ragionare su benefici e rischi del non avere più un ruolo nella “cabina di regia” delle società a controllo o partecipazione pubblica. Nel caso Forlì optasse per il recesso, c’è un secondo studio in fieri: quello sulla riorganizzazione della holding stessa in assenza del socio maggioritario che, comunque, avrebbe due anni di “scivolo” prima di imboccare la porta d’uscita a tutti gli effetti.

Bilancio e dividendi

Quanto tutto ciò politicamente sia strategico e delicatissimo, è facilmente intuibile. Livia Tellus, ad esempio, chiude il 30 giugno l’esercizio 2021-2022 con un utile di 5 milioni 394mila euro e prevede «prudenzialmente» per il prossimo anno 3 milioni 380mila e per il 2023-2024 un rialzo a 4 milioni 331mila euro. Forlì ne riceve dividendi importanti: 4 milioni per il 2022 e 3,4 milioni per entrambi i due anni successivi. Dividendi che al Gruppo e da questo poi ai singoli Comuni, arrivano anche da Hera, da Romagna Acque per 1,5 milioni che scenderanno a 700mila euro nei due anni a seguire (a causa della diminuzione da 13 a 6 euro del prezzo di ogni azione) e da Unica Reti che vede distribuire quest’anno ai soci 1,3 milioni per poi passare nella stima a 1,2 nel 2023 e a 1.9 nel 2024.

Reti idriche

Proprio queste ultime due società sono strettamente legate e non solo dal fatto che la prima sia quella che gestisce le fonti e la seconda colei che ha la proprietà, pubblica, delle reti, bensì anche da un progetto sul quale la politica sarà nuovamente chiamata a confrontarsi: «C’è la richiesta di assegnare tutte le reti idriche a Romagna Acque, una prospettiva sulla quale Forlì ha due anni e mezzo di tempo per ragionarci sopra ed eventualmente portarla a termine – spiega Danesi –. Il valore economico dell’operazione non è ancora determinato, ovviamente vengono prospettati scenari favorevoli, ma questa è una decisione prettamente politica». Una scelta davanti alla quale, già in commissione consiliare, Lauro Biondi di Forza Italia e Jacopo Zanotti del Pd, storcono apertamente il naso.

La Fiera

Se questo è uno scenario di medio-lungo periodo, il presente parla di società raggruppate nel maxi-contenitore tutte in buono stato di salute come si evince dai dati di bilancio presentati ieri. Alcune hanno persino beneficiato della pandemia. Vedi la Fiera, che grazie agli spazi assegnati all’Ausl, chiude con 1 milione 176mila euro di ricavi e 130mila euro di utile, oppure Forlifarma che chiude con un attivo di 250mila «e ora è al centro di una profonda riorganizzazione che darà più responsabilità al direttore generale e a quelli delle singole farmacie», spiega Danesi.

Alea Ambiente

Alea Ambiente, infine, presenta un risultato d’esercizio di 943mila euro che calerà a 546mila e a 470mila nei prossimi due anni in virtù degli investimenti e maggiori servizi previsti. Manca, però, ancora un direttore della società. Da tempo. «Il bando di selezione si è chiuso con ben 13 candidature – annuncia la presidente della holding -. A luglio ci sarà la prima selezione ed entro settembre la procedura terminerà con la scelta del futuro direttore».

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