Forlì. Cassa integrazione raddoppiata, lavoro in piena crisi

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Sul fronte del lavoro il territorio della provincia di Forlì-Cesena è ancora in sofferenza, come dimostrano gli ultimi dati sulle ore di cassa integrazione forniti dalla Cgil di Forlì. Un campanello d’allarme che preoccupa i sindacati che chiedono interventi urgenti. A livello locale è la segretaria della Cgil Maria Giorgini a fare il punto della situazione.

Qual è la situazione nel nostro territorio?

«I dati parlano chiaro, dalla crisi non siamo ancora fuori. Le ore di cassa integrazione nella nostra provincia nei primi 5 mesi del 2022 sono ancora oltre il doppio che nel 2019 (gli anni della pandemia 2020 e 2021 non possono essere presi a riferimento), parliamo di 1.019.971 contro 440.010 ore. La ripresa infatti stenta a decollare stretta tra l’aumento dei prezzi (ormai oltre il 7%) , i bassi salari e le incertezze sul futuro tra cui anche la crisi di Governo. A questo si aggiunge il fatto che la quasi totalità delle assunzioni nel 2021 è avvenuta con contratti precari determinando ulteriori incertezze e instabilità. Le famiglie di stanno impoverendo, nel 2022 una mensilità piena se ne andrà per l’aumento dell’inflazione e sicuramente non saranno i 200 euro una tantum che arrivano con la mensilità di luglio a risolvere il problema. Consideriamo inoltre che l’aumento dei prezzi nel nostro territorio incide più che nel resto della regione, infatti i nostri salari sono al di sotto della media regionale di ben 3.000 euro lordi annui (13.5% di salari in meno: 22.651 euro lordi annuali media regionale, 19.670 euro lordi annui media provincia di Forlì-Cesena)

Il sindacato cosa chiede?

«La pandemia prima e la guerra oggi, come una cartina di tornasole dimostrano come questo paese ha bisogno di scelte urgenti che sostengano i redditi di chi ha sofferto di più durante la pandemia, che promuovano investimenti nelle rinnovabili e nel digitale, che sostengano il sistema pubblico dei servizi a partire dalla sanità e dal sociale. La regione sta facendo molto, penso agli sforzi sulla sanità e sul sociale, alle scelte sugli affitti come sui centri estivi, diverse le misure che anche i Comuni stanno mettendo in atto, ma qui servono scelte nazionali più strutturate, diversamente non c’è buon governo regionale che tenga. Serve urgentemente una riforma fiscale che riduca le tasse ai lavoratori e dipendenti con i redditi più bassi e la definizione per legge di un salario minimo agganciato ad una legge sulla rappresentanza per dare valore ai contratti nazionali (la Germania ha appena varato l’aumento del salario minimo a 12 euro), a questo non è più rinviabile una riduzione delle forme di contratti precari».

Il 26 o 27 luglio è previsto il secondo incontro con il Governo dopo quello del 12 luglio, dovrebbero arrivare risposte (sempre che ci sia ancora un Governo)?

«Con il Governo abbiamo posto tutto questi temi, fisco, precarietà, salari e il tema delle pensioni e attendiamo un riscontro concreto. La politica farà le sue scelte, ciò che è certo è che le persone che oggi non ce la fanno non hanno scelta e stanno perdendo la fiducia, anche per questo oltre il 50% delle persone non va più a votare. Serve una politica che affronti la crisi vera, che è quella economica e sociale in questo paese, dunque ciò che chiediamo sono risposte a questo governo o a chi ci sarà, questo è ciò che possiamo e dobbiamo fare».

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