Raccolti più scarsi, pagati meno del 2022: è difficile la situazione che sta vivendo la frutticoltura sotto diversi aspetti. «Stiamo affrontando un altro anno di crisi aggravato sicuramente dall’alluvione di maggio ma non dipendente solo da questo evento catastrofico che ha avuto un suo impatto di importanza ma non è l’unico responsabile delle difficoltà che sta vivendo il settore». Alberto Mazzoni, vicepresidente di Confagricoltura Forlì-Cesena e Rimini, è chiaro e non cerca responsabilità solo al di fuori della categoria per poter programmare un futuro migliore. I volumi di produzione sono minori a dispetto di prezzi bassissimi riconosciuti alla campagna. «Vedendo quelli che sono i prezzi nella grande distribuzione – continua Mazzoni – si potrebbe pensare che sia una stagione interessante per gli agricoltori ma purtroppo non è così. Giriamo su una media di 50 centesimi al chilo per le pesche, saliamo a 70 centesimi al chilo solamente per la frutta di calibro grosso che quest’anno è veramente poca. Si tratta di 20 centesimi in meno rispetto al 2022. Per avere un ritorno economico soddisfacente, dovremmo stare a cavallo dell’euro». Diverse sono le motivazioni. «Sicuramente in Romagna c’è una scarsità di prodotto e sul fronte qualitativo abbiamo diversi problemi come la batteriosi, gli attacchi fungini dovuti anche al maltempo di maggio con le connesse difficoltà di entrare in campo ed eseguire trattamenti e la mancanza di sole», ragiona. Nel Forlivese si deve poi fare i conti anche con gli insetti. «Abbiamo il ritorno della cimice asiatica rispetto alla quale bisogna sicuramente continuare con il lancio degli antagonisti. Nella valle del Bidente, soprattutto nella zona attorno a Meldola, c’è poi la presenza delle cavallette che sono tornate più forti dell’anno scorso». C’è dunque bisogno di un cambio di passo per tutelare il settore. «Bisogna apportare delle strategie necessarie a difendere la competitività di un settore che nel passato è stato la fortuna della Romagna – sottolinea Mazzoni -. Noi chiediamo di ricordarsi che l’agricoltura nel territorio romagnolo conta parecchio. Innanzitutto paghiamo lo scotto di non saper rinnovare il nostro parco varietale. Dobbiamo, invece, avere una produzione senza la sovrapposizione che possa coprire le esigenze di tutte le fasi commerciali, dal precoce al tardivo, portando sul mercato dei frutti di qualità. Dobbiamo cambiare diametralmente il paradigma – continua -. Le responsabilità sono anche dentro al nostro mondo: ci vuole un salto manageriale della filiera ortofrutticola, dobbiamo iniziare ad inserire all’interno del nostro mondo persone che sappiano coniugare gli interessi degli agricoltori alla soddisfazione dei consumatori. Bisogna cercare di far capire anche ai nostri agricoltori che molto di questo problema siamo anche noi e dobbiamo avere la forza di smontarlo per risolverlo. Siamo in cronica carenza di manodopera, in costante carenza idrica: l’agricoltura deve essere messa al centro della transizione ecologica e va tracciata un percorso anche con i relativi sostegni per un’agricoltura sostenibile. Chiediamo di avere un contributo per l’espianto di quelle varietà che non sono più performanti ma anche un obbligo di piantarne nuove che possano essere produttive e remunerative. In questo momento – conclude il vicepresidente di Confagricoltura Forlì-Cesena e Rimini – stiamo lavorando in un territorio che è in una situazione svantaggiata. Dobbiamo essere più in grado di fare sistema che possa dare soddisfazione all’intero comparto sennò facciamo la fine del panda, scompariamo».

Forlì. Agricoltura, raccolti più scarsi pagati meno del 2022
