Forlì, 484 morti per Covid, nell'influenza del 1918 furono 378

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Più di una volta, durante l’ultimo anno, si è usata la parola guerra per paragonare il periodo che stiamo vivendo con quello tragico che hanno vissuto i nostri nonni nel secolo scorso. Anche Liliana Segre, sopravvissuta al campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau, ha descritto il Covid come una “moderna guerra mondiale”, commentando il superamento delle centomila vittime della pandemia di coronavirus, «lascia sbalorditi e attoniti – continua la senatrice a vita – soprattutto perché le vittime di questa guerra feroce sono state causate da un nemico invisibile». Mitragliamenti, spezzonamenti e bombardamenti, campi minati e campi di concentramento, guerra di trincea, possono essere paragonati alla pandemia che ci attanaglia da più di un anno? Se lo chiediamo ad un bambino siriano, da 10 anni sotto le bombe, la risposta sarà sicuramente no. Allora può questa pandemia essere paragonata a quelle precedenti come la Spagnola nel 1918 o la peste nera nella metà del XIV secolo? Probabilmente la risposta sarà nuovamente no, semplicemente perché sono state vissute in epoche diverse e questa volta, la scienza e la nostra sanità hanno fatto veramente la differenza.

Peste

Andiamo per ordine e proviamo ad analizzare i dati in nostro possesso, la peste nera uccise oltre 20 milioni di persone in Europa (un terzo della popolazione totale). Fu scoperta in Asia nel 1330 e arrivò nel vecchio continente 6 anni dopo, in Sicilia nel 1347 per poi arrivare un anno più tardi in Svizzera passando per Genova. Nel 1349 iniziò a mietere vittime in Inghilterra, si estinse da sola nel 1353. Muovendosi con i mezzi a disposizione all’epoca la diffusione fu particolarmente lenta. Come veniva curata? Non si curava, i medici a quel tempo avevano una formazione più che altro filosofica e spiazzati dalla quantità di persone contagiate dovettero ricorrere agli scritti di Ippocrate per definire che la causa era l’aria umida e fredda.

Spagnola

Le pandemie nella storia sono tante, di tifo, di colera e influenzali, diventate sempre meno letali grazie ai progressi nella medicina. Nel 1918 si diffuse nel mondo un’influenza insolitamente mortale, la Spagnola, così chiamata perché i primi a parlarne furono i giornali iberici. 500 milioni furono le persone contagiate, 50 milioni le vittime a fronte di una popolazione mondiale di 2 miliardi. In Italia il virus causò la morte di 600mila persone (1,5% della popolazione) su 40 milioni di abitanti, per lo più giovani e senza patologie pregresse. Forlì nel 1918 contava 53mila abitanti, più della metà era residente in campagna. Nel periodo che va dal mese di maggio del 1918 al maggio del 1919, secondo il ricercatore Lieto Zambelli, l’influenza spagnola uccise 378 forlivesi, con un picco di 160 morti il 20 ottobre del 1918. Nello stesso periodo a Roma come a Torino morivano 400 persone al giorno e negli Usa non riuscivano a produrre bare a sufficienza.

Le Guerre Mondiali

La Prima Guerra Mondiale causò la perdita di 17 milioni tra militari e civili, il dato italiano è superiore a un milione e 200mila vittime, il 3,5% della popolazione. Forlì, alla fine delle ostilità, conterà circa 870 soldati morti a seguito delle ferite riportate in battaglia, più l’autista del tramway Meldola-Forlì-Ravenna, il forlivese Giuseppe Castelli morto a seguito del bombardamento su Ravenna del 12 febbraio 1916. Se durante la Grande Guerra i civili forlivesi furono, in qualche modo, risparmiati dal conflitto, lo stesso non si può dire durante la Seconda Guerra mondiale dove troviamo oltre 700 morti e altrettanti feriti, vittime quasi tutte delle incursioni aeree da parte di entrambe gli schieramenti. Nel 1940 il comune di Forlì contava 71.730 abitanti, di questi, circa 36mila abitavano in città, la mortalità fu quindi del 2%.

Coronavirus

Con i dati aggiornati al 17 maggio 2021 i decessi a Forlì per Covid sono stati 304 con una popolazione di circa 118.000 abitanti. Nei 15 comuni che compongono l’ambito forlivese si sono registrate 484 vittime su 186.525 abitanti con una percentuale di mortalità dello 0,25% per entrambi. La vera guerra si è combattuta in corsia, giorno e notte, senza tregua da più di un anno a questa parte. A Forlì dal 3 marzo 2020, data nella quale viene registrato l’ingresso in ospedale del primo paziente positivo, si sono ammalate 16.660 persone, con una percentuale dell’8,9% sulla popolazione. La differenza è proprio qui, il disumano sforzo della nostra sanità per curare i “feriti” dal Covid19 è paragonabile ad uno dei fattori che ha fatto “perdere” la guerra del Vietnam agli Stati Uniti d’America, sul campo di battaglia costa più un soldato ferito di uno morto. Nonostante i progressi in campo scientifico gli Usa piangono oltre 70mila vittime per Covid, contro i 58.220 soldati americani che hanno perso la vita nel Sud-Est asiatico.

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