Finito l’isolamento per il Covid si torna ad inquinare l’atmosfera

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Si è imparato davvero troppo poco dalla lezione impartita dal Covid e dal distanziamento sociale. Dopo il calo record del 2020 che ha segnato il 10%, dipeso dalla diminuzione profonda dei consumi, è nel 2021 che tutto sembra tornare alla sua “inquinante” normalità. A marzo 2021, infatti, si segna un +15% e nel primo trimestre dell’anno la domanda segna un +1,5% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno e nonostante i cali di gennaio e febbraio, quando la percentuale era in calo, seppur in maniera meno evidente (4% ciascuno). Tuttavia, anche se nel periodo aprile-giugno è ipotizzabile una crescita a due cifre, per il 2021 si stima un recupero di solo un terzo dei consumi ‘persi’ nel 2020. È, in sintesi, la fotografia che viene realizzata nell’ultimo numero dell’Analisi trimestrale del sistema energetico nazionale dell’Enea che evidenzia anche il netto peggioramento (-18% nel I trimestre 2021 rispetto al IV trimestre del 2020) dell’indice della transizione energetica Ispred che monitora sicurezza, prezzi e decarbonizzazione. Per Francesco Gracceva, ricercatore dell’Enea che coordina l’analisi, «le cause del peggioramento congiunturale dell’Ispred sono la ripresa dei consumi, l’innalzamento degli obiettivi europei per la salvaguardia del clima, ma anche i segnali di una ripresa delle emissioni di Co2 (+0,2% nel primo trimestre). Tutto ciò comporta un sostanziale allontanamento della traiettoria di decarbonizzazione del sistema».

«Un altro segnale negativo si registra sul fronte sicurezza, dove permangono la forte criticità nel settore della raffinazione e gli alti costi per la gestione in sicurezza del sistema elettrico. Sul lato prezzi, invece, si conferma la positiva riduzione della forbice fra l’Italia e il resto d’Europa per l’elettricità e per il gas naturale, sia all’ingrosso che al dettaglio», aggiunge. Secondo l’Enea il peggioramento dell’indice Ispred «non è l’unico elemento di allarme che emerge dall’analisi». I dati più recenti evidenziano che l’Italia sta accumulando ritardi sul fronte delle tecnologie low carbon rispetto a grandi Paesi come Germania, Francia e Spagna, ma anche di dimensioni più ridotte come Danimarca, Olanda, Austria, Svezia e Belgio. «Ad esempio, Germania, Francia, Austria e Svezia si stanno sempre più specializzando nel campo delle batterie e della mobilità elettrica, comparto nel quale abbiamo un indice di specializzazione dello 0,6, rispetto all’1,4 della Germania e dell’1,8 di Giappone e Corea».

L’unico settore ad alta specializzazione dell’Italia sembra essere il solare termico. Per tutto il 2021, secondo lo studio, si prevede comunque un aumento dei consumi non molto inferiore rispetto a quello del Pil, che secondo il Documento di economia e finanza del 2021 arriverebbe a +4,5%. Ma l’incremento potrebbe essere maggiore con una ripresa della mobilità e, quindi dei consumi petroliferi, più prossima ai valori pre-crisi. In termini di fonti di energia primaria, a fronte del calo dei consumi di petrolio (-9% tendenziale) sono in aumento tutte le altre: gas naturale (+5%), rinnovabili (+5%), importazioni nette di elettricità (+6%) e anche il carbone (+17%, dati parziali, comunque ben al di sotto del I trimestre 2019). Inoltre, la minore domanda di energia nei trasporti (-9%), che resta su valori molto inferiori a quelli pre-pandemia, è stata più che compensata dai maggiori consumi di industria (+7%), civile (+3%) e usi non energetici (+22%).

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