Finale Masterchef: anche Braschi tifa per Aquila

Quattro anni fa stupì il mondo della cucina laureandosi – da studente 18enne di provincia – quale sesto vincitore di Masterchef; oggi continua a far parlare di sé e a far strabuzzare gli occhi a gourmet, critici e appassionati dalla cucina del ristorante 1978 a Roma.

Valerio Braschi è sempre lo stesso fiume in piena, un giovane affamato di conoscenza – che siano prodotti inediti o nuove frontiere del gusto – e della vita, che serve in tavola tutto il suo estro fatto di abbinamenti originalissimi dal mondo, ma inserendo in menù la sua Romagna e soprattutto Santarcangelo.

Un 22enne che oggi veste per un giorno i panni del tifoso e spinge un altro romagnolo, il bellariese Francesco Aquila, a raccogliere il suo testimone nella finalissima della 10ª edizione del programma, questa sera su Sky Uno.

Valerio, partiamo proprio dalla finale 2017, come ricorda quella grande serata?

«Fu un’emozione incredibile e auguro a Francesco le mie stesse sensazioni. Una serata bellissima, in cui mi divertii così tanto che non pensai neanche a vincere, ma solo ad assaporare ogni attimo. Aquila deve godersela e non pensare ad altro, poi il risultato verrà da sé: alla fine, vinca il migliore e, se ti sei divertito, chi se ne frega del resto».

Quali consigli si sente di dargli?

«Di pensare a divertirsi e poi di darci dentro come un matto. È l’ultimo scatto, bisogna tenere i denti stretti e lasciarsi andare senza freni, perché serve uno sprint maggiore e più impegnativo di quello delle tappe che lo hanno portato fin qui».

Sta seguendo la 10ª edizione?

«La guardo con attenzione e mi piacciono molti concorrenti a livello umano. Sembrano tutte brave persone, poi a cucinare vedremo come se la caveranno dopo, una volta usciti dal programma. Uno alla fine può fare quello che vuole, ma è importante scelga la strada che lo rende felice. Se vorranno lavorare nel mondo della ristorazione, diventare food blogger, continuare il loro lavoro, lo vedranno da soli, non ci sono strade obbligate».

È rimasto in contatto con i giudici?

«Ho mantenuto un certo rapporto solo con Carlo Cracco: ogni tanto lo sento, gli scrivo, vado a trovarlo e mi ci confronto».

Dopo il trionfo, si è preparato a un suo ristorante e ha scelto Roma per il suo “1978”. Come va?

«Il Covid ci ha un po’ penalizzato come ha penalizzato purtroppo tutto il mondo, ma la nostra fortuna è che il Lazio è sempre rimasto giallo e si può pranzare al tavolo: abbiamo quindi lavorato tanto e per questo siamo felici. Non ci lamentiamo, anche se dispiace non poter stare aperti di sera. Speriamo di poter farlo presto, anche perché vorrebbe dire che questo maledetto virus ci sta dando una tregua. Il 1978 è stata la scelta migliore che avrei potuto fare, ho realizzato un sogno e sono felicissimo di essere qui: stiamo lavorando molto e sono contentissimo dei risultati. La qualità è sempre al top, anzi, addirittura dopo il Covid abbiamo deciso di fare un ulteriore upgrade così che i clienti vengano coccolati per le ore in cui stanno seduti al nostro tavolo, si dimentichino completamente di tutte le cose brutte che stanno succedendo in questo periodo e possano immergersi in un momento di puro relax».

Così come in tv, anche nella Capitale sta stupendo con il suo estro e alcune rivisitazioni della Romagna hanno fatto discutere non poco. Dalla lasagna al forno in tubetto a “La mia Santarcangelo”, con una preparazione da leccare guardando un piatto raffigurante la scalinata di via Saffi.

«La lasagna in tubetto è il ricordo di una cosa mia privata, non un piatto volutamente provocatorio: fra l’altro sta piacendo molto, sta andando benissimo e ne hanno parlato tutti, dalla Bbc a un giornale russo, in Polonia e in tutto il mondo. Non ci aspettavamo tale clamore e non c’era niente di programmato: non l’ho lanciata per promuovere il ristorante, è una semplice proposta da menù. “La mia Santarcangelo” è invece un piatto simbolico: quella è la scalinata più bella che conosco, rappresenta il posto in cui sono nato e dove vivo con la mia famiglia, per me il luogo migliore del mondo e il modo per farlo conoscere a chi non l’ha mai visto è anche farglielo vedere. La foto ha quindi un grandissimo senso, mentre l’altro piatto da leccare racchiude tutto il concentrato della piadina con salsiccia, peperone e cipolla, la piadina a me più cara e quella che mangio sempre quando sono alla Fiera dei becchi, quando quell’odore si sente in tutta Santarcangelo, ed è la cosa più bella di tutte».

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