Il fermo pesca aggiuntivo a Cesenatico si fa sempre più pesante

CESENATICO. Fermo pesca 2020: approvato il decreto. Non era mai successo con così tanto anticipo. Sostanzialmente ricalca il quadro del 2019. Nella zona da Trieste ad Ancona entrerà in vigore il 31 luglio per concludersi il 6 settembre, dopodiché scatterà il cosiddetto fermo tecnico dal 7 settembre al 15 novembre, durante il quale i pescherecci potranno optare tra andare in mare tre giorni alla settimana oppure quattro ma senza superare il tetto delle 60 ore. L’unica novità è l’incremento delle giornate di questo fermo aggiuntivo.
Confermati i due mesi di stop per la pesca del pesce azzurro, sardine, alici e altro, con sistema “a volante” (reti da traino pelagiche): uno estivo (sempre dal 31 luglio al 6 settembre), l’altro invernale (dal 15 dicembre al 15 gennaio).

«È stata data almeno la possibilità per le imbarcazioni di decidere il periodo - osserva il direttore della cooperativa “Casa del Pescatore” di Cesenatico, Mario Drudi - ma le barche che fanno pesca a strascico dovranno stare ferme in porto in media per 52 giorni annui, più i sabati e le domeniche, e nelle 10 settimane successive il fermo pesca anche il venerdì. Chi pratica la pesca a volante dei piccoli pelagici, alici e sarde, dovranno invece sottostare a due fermi di 30 giorni ciascuno, senza potere cambiare tipo di pesca per tutto il 2020».

Scenari allarmanti

Ma con queste limitazioni c’è preoccupazione tra i pescatori. Drudi fa notare che «visto che negli anni il numero delle imbarcazioni e dei marittimi dediti alle pesca con sistemi di traino strascico divergente e volante si è ridotto di oltre il 50% nel alto-medio Adriatico, le marinerie hanno già dato un contributo sufficiente alla riduzione dello sforzo di pesca, tale da giustificare una fase di analisi senza ulteriori riduzioni. È sotto agli occhi di tutti che siamo di fronte a uno svuotamento di barche nei porti italiani, soprattutto in quelli del medio e alto Adriatico».

I riflessi rischiano di essere pesanti sull’intera filiera ittica. «Così si mette a forte rischio anche la sopravvivenza dei mercati ittici all’ingrosso».
Ma non basta. «Ciò che allarma - prosegue Drudi - è la volontà comunitaria, accettata dal Mipaaf, in prospettiva, nel quinquennio 2019-2024, di ridurre ulteriormente le giornate di pesca del 40%. Sarebbe il colpo di grazia per i porti pescherecci, per le marinerie locali, la filiera ittica, le piazze commerciali, che trattano il pesce fresco selvatico».

I fondi europei

Ci sono contraddizioni evidenti se si prendono in considerazione le politiche di investimento portate avanti dalla Ue. «In questi anni con la Regione Emilia Romagna è stato fatto un lavoro straordinario nella gestione dei fondi europei per la pesca e l’acquacoltura, attraverso i quali si sono potuti riqualificare gran parte dei porti. A Cesenatico si sono potuti e si potranno realizzare interventi per 3,2 milioni di euro, grazie a 2,5 milioni erogati dalla Regione utilizzando i fondi comunitari Flag e Feamp.

A questo si aggiunga l’imminente dragaggio del porto, finanziato dalla Regione per 1,1 milioni. Tutte opere necessarie a modernizzare e proiettare verso il futuro il porto. Un lavoro che rischia di essere vanificato da una normativa sovraordinata che sta portando alla progressiva eliminazione delle imbarcazioni. Nei prossimi anni servirà aprire un dibattito sulla necessità di arrestare questa tenaglia che stritola le marinerie. Se ci sono stock ittici in sofferenza in mare occorre individuare con puntualità qual è la causa».

Due domande pesanti

Infine, due interrogativi: «Ci possiamo permettere un futuro nel quale all’interno dei nostri porti non ci siano più pescherecci che usino le reti a strascico e a volante per il pesce azzurro? E in questa eventualità sciagurata, che conseguenza ci sarebbe per l’immagine turistica di Cesenatico e per la sua ristorazione?».

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