Fellini e Magnani, incontro sullo schermo

RIMINI. «Finirà Pina, finirà. E tornerà pure la primavera. E sarà più bella delle altre, perché saremo liberi». Pina è Anna Magnani, nel film Roma città aperta di Roberto Rossellini (1945), manifesto del neorealismo italiano. Capolavoro che resiste al passare del tempo. Dietro a quel film c’è anche Federico Fellini, in veste di sceneggiatore insieme a Sergio Amidei. La pellicola fu girata nella Roma da poco liberata e consacrò Nannarella, già alla soglia dei quarant’anni, tra le stelle del cinema.
Anna Magnani e Fellini: quali, quanti intrecci?
Furono poche le collaborazioni tra i due, ma preziose, uniche. Come unica è sempre stata Magnani. Classe 1908, pressoché alla nascita la madre la affidò alla nonna materna e si trasferì in Egitto. Del padre conoscerà il nome solo in tarda età. Da giovane si avvia al teatro frequentando la scuola di arte drammatica “Eleonora Duse” e arriverà negli anni Trenta a lavorare per alcune compagnie. Approderà presto anche al cinema: a segnare il suo esordio, un piccolo ruolo ne La cieca di Sorrento di Nunzio Malasomma (1934). Passano quasi una decina di anni e le strade di Nannarella e di Federico Fellini iniziano a incrociarsi. Siamo agli inizi degli anni Quaranta e lo stesso Fellini la racconta così alla giornalista Charlotte Chandler: «Avevo conosciuto Anna Magnani quando lavoravo come soggettista a Campo dei fiori nel 1943. Era una donna straordinaria».
In Campo dei fiori, di Mario Bonnard, Magnani fa coppia con Aldo Fabrizi, all’epoca grande sodale di Federico. Il “team”, si ripropone nella pellicola immediatamente successiva, L’ultima carrozzella, di Mario Mattioli.
A consegnarci un ritratto intimo della grandissima attrice è il film documentario La passione Anna Magnani, presentato in anteprima lo scorso anno a Cannes e poi approdato a vari festival, tra cui al Cinema ritrovato di Bologna. È stato scritto e diretto dal documentarista Enrico Cerasuolo (produzione Les Film du Poisson, Zenit Arti e Arté France in collaborazione con la Rai e Istituto Luce – Cinecittà) che ha scelto non a caso, per uno dei momenti di apertura, una scena da Il miracolo (1948), episodio del film L’amore di Roberto Rossellini, da una idea di Fellini, che vi compare nella parte di attore protagonista al fianco di Magnani. Lei è una pastorella stralunata, lui un vagabondo che la donna scambierà per San Giuseppe.
«Il miracolo è un film che amo tantissimo, perciò l’ho voluto mettere nelle prime scene del film, nel momento in cui inizia la mia voce – spiega Cerasuolo –. Ma c’è poi una seconda volta in cui lo utilizzo: parlando di Roma città aperta, ovvero del film che rappresenta un momento straordinario della carriera di Anna, in cui la sua vita di attrice è in sincrono con quanto sta succedendo a livello di grande Storia e lei diventa un simbolo, una icona. A livello di metafora, ho quindi utilizzato la scena de Il miracolo in cui lei partorisce e si sente la mia voce narrante dire che è come avesse dato la luce a una nuova Italia».
«Un fatto vero accaduto a
Gambettola»
Dalla lunga intervista di Chandler a Fellini si scopre che «Il miracolo si basava su una storia che avevo sentito da bambino», e precisamente «un fatto vero successo a Gambettola». Ma, continua il regista, «dissi che era un racconto di un grande scrittore russo». Il regista riminese racconta anche di come accadde che Rossellini gli fece tingere i capelli di biondo. Un aneddoto che anche Rossellini – come ha potuto constatare Cerasuolo nel suo lavoro di ricerca per il film su Magnani – raccontò anni dopo al regista e autore televisivo Giulio Macchi: «Amici come eravamo ci siamo divertiti a fare così… l’ho fatto tingere di biondo. Siamo andati a Napoli da un parrucchiere per signore, si è tinto i capelli di biondo, non poteva neanche più circolare per la strada, lo chiamavano Ah Rita Hayworth!».
Dopo Il miracolo passeranno parecchi anni prima di un nuovo incontro professionale tra Nannarella – che invece fu protagonista insieme a Giulietta Masina del film Nella città l’inferno di Castellani – e Federico Fellini. È il grande epilogo, con il film Roma (1972). Come non volere proprio lei, la Mamma Roma di Pasolini, la grande interprete diretta da tanti maestri del cinema (tra gli italiani da ricordare anche Visconti), a chiudere quella pellicola così incentrata sulla romanità? «No, non me fido ciao. Buonanotte!»: sono le ultime parole che l’attrice pronuncia rivolta a Fellini, con la macchina da presa che la segue mentre rientra nella sua abitazione. È anche l’ultima immagine che vedremo dell’attrice sul grande schermo: morirà infatti nel settembre del 1973. «Ho utilizzato quella scena nel mio documentario dopo il racconto dei funerali» spiega Cerasuolo, che nel suo film ha inserito anche spezzoni di interviste a Fellini prese dalla serie di documentari Rai (trovati rovistando nelle Teche) Anna Magnani: l’attrice, la donna, il mito di Alfredo Giannetti. La scelta è caduta su alcune dichiarazioni di Fellini riguardo al carattere della grande attrice e alle proprie difficoltà a relazionarvisi: «Devo confessare che a me per molto tempo Anna mi dava soggezione» affermava Fellini, riconoscendo però che quel comportamento dell’attrice era più che altro una difesa, perché in realtà «conoscendola ti accorgevi che era proprio il timore di una bambina spaventata, il timore di una ragazzetta così un po’ selvatica che reagiva a certi complessi o a certe paure con questa compensazione in eccesso di arroganza, strafottenza, diffidenza». E questo può forse spiegare perché tra Il miracolo e Roma Fellini e Magnani non lavorarono insieme. Del resto è lo stesso Fellini a raccontare quanto fosse stato complicato convincere Nannarella a partecipare, seppure con un cameo, al film Roma. Anche in questo caso le dichiarazioni provengono dalla serie di documentari di Giannetti e sono da quanto se ne sa inedite. «Ci sono voluti mesi di appuntamenti, incontri, colloqui – rivelava Fellini all’intervistatore –. La prima volta ha ascoltato con moltissima diffidenza, è avvenuto a casa sua, seduta sulla poltrona, spettinata, fosca, diffidentissima». Al primo tentativo il regista le propone di riprenderla durante «una passeggiata con noi stessi cinematografari». Quindi prova con una scena «in trattoria, con i tuoi amici come fai certe volte e forse canti una canzona romana», e rilancia con «solo una immagine di te alla finestra di un palazzetto antico, tu guardi da lontano». Risposta: «Non mi piace». Scartata anche l’inquadratura dell’attrice «dentro la macchina con i tuoi cani, si intravvede per un attimo il tuo volto scontroso, severo».
«Solo alla fine – conclude Fellini – quando ho avuto la ideina di inquadrarla quando se ne torna a casa, riuscii a convincerla».

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