Felice Nittolo invita a donare opere d'arte

Cultura

Ravenna. Fondere insieme «parola, suono e pulsazione» per fare diventare il mosaico strumento di narrazione, capace di rendere messaggi “virali” contenuti ed emozioni, è l’elemento che contraddistingue l’opera artistica di Felice Nittolo.
Trasferitosi già all’età di 18 anni a Ravenna «per amore del mosaico», l’artista campano espresse con due manifesti internazionali – “A-ritmismo” (1984) e “Nuova tradizione” (1992) – l’intenzione di legare al linguaggio musivo la ricerca di una profonda unità delle arti: pittura, fotografia, scultura, performance, musica, teatro.
Le sue opere sono ora inserite in collezioni pubbliche e private in Italia e all’estero, dal Museo d’Arte della città di Ravenna all’Art Museum di Seattle (Usa), dal Museo Nazionale di Ravenna al Museo d’arte di Kawagoe (Giappone), ora con la mostra “Controluce / Gegenlicht” prorogata fino a fine aprile al Castello austriaco di Traun.
Nittolo si pone l’obiettivo di sentirsi sempre guidato nelle realizzazioni da una sensibilità “ecologica”, come con il progetto “Emergenze” che ha presentato fino all’8 febbraio a Bologna. Visibile dalla suggestiva finestrella di via Piella, l’installazione composta da numerose sfere in mosaico che dall’acqua affioravano, “invadendo” il Canale di Reno, richiamando la memoria a quella che fu la Bologna delle acque.
Il progetto si è ora aperto alla creazione di opere ispirate al dramma dell’attuale pandemia.
Nittolo, cosa l’arte può mettere in campo contro questa “guerra invisibile”?
«La mia idea dell’arte e del mosaico contemporaneo è sempre stata piuttosto provocatoria. Mi sembra che in questi momenti l’emergenza del coronavirus sia da collegarsi anche a quella rappresentata dal cambiamento climatico, per ricordare come esista una malattia del mondo, dell’aria, dell’acqua e della terra, a cui i potenti non riescono a dare risposte, contro questo nemico invisibile dobbiamo inventare nuova arte e mettere in campo situazioni e soluzioni creative propositive con cui si può, anzi, si deve, “infettare” istituzioni e situazioni culturali››.
In quale maniera?
‹‹Il mio tentativo è stato quello di esorcizzare questo periodo dando sfogo alla gestualità e realizzando opere un po’ forti, un po’ virus, un po’ cellula o pianeta però con concretezza anche dal punto di vista simbolico. Quindi mettere in evidenza nella forma del mosaico un pianeta, la terra, che apre la bocca come per urlare. Questo per significare che il compito dell’arte è saper trasmettere una reazione forte e vivace. Cosa ci sarà quando saremo usciti da queste limitazioni che ci sono state date? Quali gesti faremo per salutarci, per scambiarci un abbraccio?››.
A quale immaginario si è ricollegato?
‹‹Sin dalla prime immagini, che mesi fa giungevano dalla Cina, ho ricollegato la “sfera” di questo virus potente alla rotondità, tridimensionale emblema dei miei lavori in mosaico. In questi giorni ho cercato risposte, ma l’unica trovata è quella del gesto, del fare con le mani, rendendo il mio pensiero materico››.
Come si collega invece agli esempi di linguaggio di un arte “post emergenziale”, come quella successiva alla Seconda guerra mondiale?
‹‹La capacità dell’arte è quella di veicolare messaggi in forma originale. Questa situazione ci ha trovato impreparati e, in qualunque modo andrà a finire, niente e nessuno potrà essere come prima. Artisti come Burri, Tapiès, Wahrol, Picasso, Rotko, hanno sentito prima di tutto l’arte come un fare delle cose, un mettere positività in quello che facciamo, ma anche sentendo la necessità di combattere, dando energia, vitamina alla nostra creazione››.
La sua vuole essere anche una proposta lanciata alla comunità artistica?
‹‹Propongo a tutti gli artisti di “esprimersi col proprio linguaggio” e di realizzare un’opera che evochi questi momenti e ne catturi le sensazioni. Una proposta non solo locale ma a raggio più ampio, non solo rivolta alle arti figurative ma anche alla musica, al teatro, alle arti della gestualità, della parola, tutte le arti dell’anima; l’arte può indicare, guidare e testimoniare come uscire da questa situazione. Come direttore artistico dell’associazione culturale Niart Gallery propongo quindi che ognuno di noi dia vita a ciò che scaturisce spontaneamente dai propri gesti, dal nostro vivere attuale, per farne poi un’esposizione, invitando gli artisti a donare, se vorranno, le proprie opere all’Ospedale Civile di Ravenna; dedicandole quindi idealmente e ponendole concretamente a sostegno di tutti coloro che si adoperano per gli altri facendo silenziosamente e con professionalità il proprio dovere››.

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