Feci all'anziano a Ravenna, il titolare: "Non sapevo dei maltrattamenti"

RAVENNA. Lui stesso lo ha definito un episodio che, qualora fosse effettivamente accaduto, sarebbe «a dir poco disumano». A parlare è Paolo Maioli, il 63enne ravennate titolare della casa famiglia per anziani Villa Cesarea, che ieri mattina è stato raggiunto in carcere dal gip Janos Barlotti, dal pubblico ministero Cristina D’Aniello e dai suoi avvocati Giovanni Scudellari e Antonio Primiani per l’interrogatorio di garanzia.

Da lunedì l’uomo si trova infatti costretto nel carcere di Ravenna per via dei presunti maltrattamenti che si sarebbero verificati dentro la struttura da lui gestita. Episodi terribili che - stando alle indagini della polizia locale e dei carabinieri - avrebbero visto il loro culmine la mattina del 16 maggio di quest’anno, quando un 94enne restio a farsi lavare sarebbe stato costretto dalla badante rumena Elena Caliman a ingerire le proprie feci, mentre un’altra badante, la 46enne rumena Elena Daniela Cojocariu (anche lei in carcere), lo avrebbe tenuto fermo.

A tre settimane dallo scoppio del caso, quando gli agenti della polizia locale hanno bussato alla porta della casa famiglia per le prime perquisizioni, ora Maioli lancia una sorta di appello. Tramite il suo legale fa infatti sapere di avere l’intenzione di cedere a terzi la propria licenza per la gestione della casa per anziani - dato che evidentemente si tratta di un ruolo che lui non potrà o non vorrà più svolgere. Ma non si ferma qui, perché il 63enne vorrebbe poter vincolare la cessione dell’attività all’assunzione della sua ex dipendente Kamila - la 42enne badante polacca che ha denunciato l’episodio delle feci e che, di fatto, lo ha mandato in carcere - «nei confronti della quale - fa sapere l’avvocato Scudellari - nutre da sempre la massima stima».

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