Fanno pipì sull'auto dei carabinieri: per il pm non è reato

Cesena

Offendere la polizia sui social? Non è reato perché il codice penale parla di “Forze armate”. E allora postare la propria immagine mentre si fa pipì sulla macchina dei carabinieri? Quelli sono militari, quindi il vilipendio è una fattispecie penale a tutti gli effetti (articolo 290 cp). Macché. In quel caso «tale immagine, per quanto espressione di un atteggiamento censurabile di mancanza di rispetto e di educazione» va considerato uno «scherzo di cattivo gusto», insomma una «bravata». È la motivazione con la quale la procura minorile di Bologna ha chiesto l’archiviazione nei confronti di tre ragazzi di età compresa tra i quindici e i diciassette anni: erano soliti offendere le forze dell’ordine su un gruppo “Instagram”, scimmiottando i camorristi delle serie tv o certi rapper a corto di idee. L’inchiesta nei loro confronti, due residenti in provincia di Rimini e il terzo nella valle del Rubicone, era partita nell’ottobre scorso dopo una segnalazione alla polizia postale di Rimini.

Il genitore

Un genitore - non dei tre indagati - aveva trovato il materiale sul telefonino del figlio e si era allarmato. Oltre alle foto di poliziotti ai quali si dava delle “merde” e dei “figli di puttana” e video con le invettive alle forze dell’ordine ispirate a certi rapper, comparivano infatti anche delle armi. Cappuccio calato e pistola alla cintura e anche una foto di Santarcangelo con una calibro 92 in primo piano. La procura della Repubblica del Tribunale dei minorenni di Bologna, visionato il materiale, ha disposto le perquisizioni nelle case dei tre adolescenti. Gli agenti buttarono giù dal letto figli e genitori, ignari del passatempo dei loro ragazzi. Le armi, per fortuna, erano solo delle riproduzioni giocattolo, quindi, come sottolinea il pm nella sua richiesta di archiviazione, «prive di offensività». Quanto alle altre accuse riferite alla serie di video, foto e commenti, per il magistrato non c’è niente di «penalmente rilevante». Neanche la diffamazione perché nessuno ha fatto querela, scrive il pm bolognese. Già, ma chi deve farla in questi casi? Il capo della polizia? Il comandante generale dell’Arma? Oppure chiunque indossi una divisa. La preoccupazione di chi ogni giorno è impegnato sulla strada a garantire la sicurezza dei cittadini aumenta. Difficile non continuare a fare i gradassi, se si può sbandierare un’archiviazione così. «Il magistrato - si duole un agente interpellato sulla questione - non fa riferimento alla giovane età, ai cattivi maestri delle mode musicali, al fatto che è la prima volta che sbagliano. No, scrive proprio che offendere la polizia non è reato e che pisciare sull’auto dei carabinieri una semplice bravata». I tre giovanissimi, che si spera abbiano capito da soli di avere comunque esagerato, sono difesi dagli avvocati Luca Mazzanti, Luca Greco e Lorenzo Manfroni. Uno dei modelli musicali di tanti ragazzi che prendono di mira la polizia è il rapper lughese Amin Bajtit in arte “Paname”. Via via ha collezionato una serie di denunce per il contenuto delle sue canzoni e dei suoi video. L’ultimo guaio è stato quando l’hanno beccato con un lampeggiante nel portabagagli, «materiale di scena» ha detto l’“artista”. «Le armi che mostro sono giocattolo», assicura. Un fenomeno non solo italiano: in Spagna nelle scorse settimane ci sono stati disordini nelle piazze di Barcellona e Madrid dopo l’arresto del rapper catalano Pablo Hasel, arrestato dopo una condanna nove mesi di carcere per esaltazione di terrorismo e ingiurie alla Corona. Si è acceso il dibattito sui reati di opinione, e la libertà di espressione è un diritto primario. Ma le offese alle forze dell’ordine sono ormai all’ordine del giorno. In Parlamento qualcosa si sta muovendo. «Considerato l’aumento dei casi di vilipendio e di offesa nei confronti di istituzioni come la polizia di Stato anche nel mondo della musica - dichiara il deputato romagnolo della Lega Gianni Tonelli, segretario generale aggiunto del Sindacato autonomo di polizia - chiederemo l’introduzione del reato di vilipendio alle Forze dell’ordine». Proporremo, spiega, la modifica dell’articolo 290 del codice penale sul vilipendio, «facendo dunque diventare reato anche l’offesa della polizia, della polizia penitenziaria e di quella locale. Sarebbe un segnale e un giusto riconoscimento verso quelle istituzioni formate da uomini e donne che ogni giorno rischiano la vita per tutelare la libertà e la democrazia».

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