Famiglie fragili sotto sfratto, un centinaio a rischio

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Emergenza locativa, l’impatto del Covid scende come una mannaia: «A rischio sfratto anche 88 nuclei fragili nei prossimi tre mesi, mancano le garanzie». A segnalare i dati messi in luce dal Comune di Rimini l’avvocato Paola Zoli, presidente della sede provinciale dell’Unione piccoli proprietari immobiliari (ossia un bacino indeterminato con un turnover da 350 persone l’anno). Un confronto c’è stato anche con l’assessore alle Politiche per la Protezione sociale, Kristian Gianfreda, in cui è stato verificato quali siano le «situazioni critiche e quali gli strumenti a disposizione».

Niente interventi risolutivi

Tracciando una sintesi, il legale va dritta al punto: «Dal municipio lamentano che nei prossimi 70-90 giorni oltre agli sfratti ordinari, di cui non hanno precisato i numeri, ne verranno eseguiti anche 88 che coinvolgono persone con problematiche più rilevanti».

E rimarca: «Su questioni così delicate il riserbo è d’obbligo, ma è possibile immaginare che i dati evidenzino anche fasce deboli, come famiglie senza reddito, né garanzie o con figli disabili».

Certo è che lei ha registrato una lacuna grossa, ovvero una mancanza di interventi risolutivi. «Grandi sostegni Stato e Comune non se li possono permettere – nota – proprio per le regole legate alla ragioneria pubblica: i fondi in breve sono limitati».

Il tesoretto che non c’è

Del resto pagare le morosità incolpevoli che per la pandemia sono salite a migliaia di euro equivale a lottare contro i mulini a vento. Ed evidenzia: «Se ipotizziamo per 88 sfratti un anno d’affitto pagato da 500 euro al mese, la cifra complessiva ammonta a 700mila euro». Somma che un «ente pubblico non ha», taglia corto, sottolineando che per far ripartire il mercato, occorre una «soluzione per chi perdendo la casa non può contare sulla fiducia dei proprietari». Tradotto. Spesso non è un problema di reddito: nessuno è disposto a affittare un appartamento a determinate persone.

Nessuna copertura immediata

Quindi sono due soluzioni: «O la banca etica fa fideiussioni con fondi comunali o provvede direttamente il Comune». Intanto all’orizzonte si staglia il «nuovo bando della Regione, volto a ricercare unità immobiliari che poi vengano assunte dall’ente in locazione e trasferite sui potenziali conduttori in base a criteri di concorsualità». Nello specifico sarà redatta una classifica dei conduttori per creare un incontro con i proprietari, ma resta un problema nella «lentezza stessa del procedimento». Che non garantisce copertura immediata per i prossimi tre mesi che, spiega, saranno i «più difficili sia per nodi del Covid al pettine, sia per l'arrivo dell’estate».

Le abitazioni vanno ai turisti

Considerando la stagionalità che caratterizza Rimini, ribadisce che «chi si trova una casa sfitta a maggio la riserva ai turisti». Tutti scogli che condurranno a nuovi confronti con l’amministrazione. «Ci aggiorneremo, - assicura - visto che manca una risposta definitiva». Poi si concede una riflessione: «Sono stanca di fare la parte della cattiva che va a sfrattare famiglie in difficoltà, tanto più perché non faccio questo mestiere». Fermo restando che deve fedeltà al cliente che le ha affidato un incarico da svolgere con diligenza. «Anche perché ha un ordine dal tribunale, ossia un diritto da tutelare e non sono io – afferma – a dovermi far carico a livello economico e umano di una certa realtà». Com’è capitato invece nei primi 16 mesi del Covid, quando i suoi «assistiti si sono sentiti abbandonati», risolvendo da soli le situazioni «con un sacrificio economico liquidato poi da tutti come gesto di liberalità o beneficenza».

I profughi non incidono sul problema

Eppure non è giusto, nota l’avvocato, sottoporre chi ha un immobile al carico emotivo di bimbi che piangono con i carabinieri alla porta. E di certo non basta la «lista d’attesa dell’ufficio case, né i contributi per affitti o bollette che tamponano una difficoltà temporanea in un turnover ancora sano, senza funzionare in situazioni patologiche di morosità conclamata». Assicura però Zoli che «la parola d’ordine è: ci stiamo lavorando».

Quanto alla recente ricerca d’alloggi per gli ucraini in fuga esclude una possibile “guerra tra poveri”, notando che la questione non sta pesando sui casi che tratta, in quanto basata sull’ospitalità offerta da parenti o Comuni. «Un problema serio dappertutto - riconosce - ma non in termini di locazione, quanto piuttosto a livello umanitario».

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