Famiglie e imprese, la ripresa dopo il “colpo” della pandemia

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L’Emilia-Romagna è stata fra le regioni maggiormente colpite dalla pandemia di Covid-19: da marzo a dicembre 2020 i decessi hanno superato la media del quinquennio precedente del 23 per cento. La regione è stata interessata da misure di contenimento (zona “rossa” o “arancione”) più a lungo della media nazionale.

Il PIL ha subito una forte riduzione

La pandemia ha innescato un forte calo del prodotto interno lordo reale: nel 2020 la caduta si è attestata al 9,4 per cento, in base all’indicatore trimestrale dell’economia regionale (ITER) elaborato dalla Banca d’Italia. La riduzione è stata particolarmente intensa nel secondo trimestre dell’anno, con il blocco delle attività non essenziali. Nei mesi estivi l’attività ha recuperato; la ripresa dei contagi nei mesi autunnali ha determinato un nuovo peggioramento, sebbene di intensità minore rispetto alla primavera.

La flessione è stata più pronunciata per alcuni settori

Secondo le stime di Prometeia nell’industria il calo del valore aggiunto è stato del 10,3 per cento e ha caratterizzato tutti i comparti, con l’eccezione di alimentare e farmaceutico. Nei servizi la flessione (-8,4 per cento) ha riguardato soprattutto il commercio non alimentare, il turismo e la ristorazione. Nel settore edile, meno interessato dalle interruzioni di attività, la diminuzione del valore aggiunto è stata più contenuta (-5,3 per cento). Il valore dell’export regionale di beni è diminuito dell’8,2 per cento. La spesa per investimenti dell’industria si è fortemente contratta.

La redditività delle imprese è diminuita, l’indebitamento è aumentato

L’indagine della Banca d’Italia mostra che la quota delle imprese che hanno chiuso il 2020 in utile è in calo significativo (57 per cento, contro il 76 nel 2019).

Nonostante il rinvio dei piani di investimento, la richiesta di fondi alle banche è aumentata in misura marcata sia per soddisfare il fabbisogno di liquidità dovuto al calo dei flussi di cassa sia per costituire riserve precauzionali vista l’incertezza sulle prospettive economiche. Grazie anche ai meccanismi di garanzie pubbliche, le condizioni di offerta di credito sono risultate distese. Si stima che alla fine del 2020 oltre la metà delle imprese della regione, comprese quelle di piccola dimensione, abbia usufruito di prestiti con garanzia pubblica. I finanziamenti bancari sono pertanto tornati a crescere a tassi sostenuti (8,2 per cento).

Negli ultimi vent’anni la crescita è stata più bassa rispetto alle regioni europee comparabili

Nei venti anni precedenti la pandemia l’Emilia-Romagna è cresciuta a un tasso medio più elevato di quello nazionale, ma inferiore rispetto a regioni europee con caratteristiche economiche simili. Quest’ultimo ritardo appare riconducibile anche a una minore intensità di innovazione e a un più basso utilizzo delle tecnologie digitali, sebbene la regione sia fra le prime in Italia per numero di brevetti e sopra la media nazionale per diffusione delle competenze digitali dei cittadini.

L’impatto della crisi sull’occupazione è stato contenuto dalla CIG e dal blocco dei licenziamenti

L’occupazione è diminuita del -2,1 per cento; il calo ha riguardato soprattutto i lavoratori autonomi e i dipendenti a tempo determinato. La riduzione del numero di occupati è stata contenuta dalla CIG e dal blocco dei licenziamenti. La diminuzione delle ore lavorate è stata invece molto marcata (-10,1 per cento). Il tasso di disoccupazione è leggermente aumentato, al 5,7 per cento; la difficoltà di trovare una nuova occupazione ha accresciuto il numero degli inattivi.

Consumi diminuiti più dei redditi; la disuguaglianza è aumentata

Le misure di sostegno pubblico hanno contribuito ad attenuare l’impatto negativo sui redditi delle famiglie (-2,6 per cento secondo le stime di Prometeia). È cresciuto il ricorso al Reddito e alla Pensione di cittadinanza. I consumi sono diminuiti in misura maggiore rispetto ai redditi (-12 per cento) a causa del sensibile aumento della propensione al risparmio e delle misure restrittive per contrastare la pandemia. La riduzione del reddito da lavoro si è accompagnata ad un aumento della disuguaglianza.

I prestiti alle famiglie hanno decelerato

I prestiti alle famiglie hanno rallentato per effetto del calo delle nuove erogazioni sia di mutui (-2,1 per cento) sia di credito al consumo (-22,3). Il ricorso alle moratorie, secondo le stime CRIF, ha interessato il 14 per cento delle esposizioni.

La qualità del credito non ha ancora risentito della pandemia

Il tasso di deterioramento del credito bancario alle imprese e alle famiglie non ha ancora risentito del quadro congiunturale negativo, anche se sono emersi segnali di peggioramento da indicatori di early warning sui finanziamenti in bonis.

Spesa e entrate degli enti territoriali sono aumentate

La spesa degli enti territoriali è aumentata del 3,8 per cento. Quella di parte corrente ha accelerato al 3,9 per effetto dei maggiori esborsi sostenuti dalla Regione in ambito sanitario. La spesa in conto capitale ha invece rallentato all’1,8 riflettendo i minori investimenti in opere pubbliche dei Comuni, dopo la forte crescita del biennio precedente. Anche le entrate sono aumentate, per via dei maggiori trasferimenti statali destinati a fronteggiare gli effetti della pandemia sul bilancio degli enti.

Per il 2021 si prospetta un parziale recupero

Per il primo trimestre del 2021 l’andamento di ITER per le regioni del Nord-Est suggerisce una forte attenuazione del calo tendenziale del prodotto, in linea con le altre aree del Paese. Il miglioramento della situazione sanitaria e del quadro economico internazionale hanno rafforzato le aspettative di ripresa di famiglie e imprese per la seconda metà dell’anno. Le prospettive appaiono comunque condizionate dal successo della campagna vaccinale, dal mantenimento delle politiche espansive e dall’avvio del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR).

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