Viaggio nella Faenza ferita con l'incubo degli sciacalli

Faenza

Nei punti di accoglienza - PalaCattani, PalaBubani, scuole don Milani e centro fieristico - l’andirivieni degli sfollati è continuo: ieri i numeri, perennemente instabili, si aggiravano intorno alle 700 persone. Nel frattempo si studiano nuove soluzioni logistiche, come un potenziamento dello spazio della Fiera, che fa anche da appoggio per la distribuzione di pasti. Prosegue anche il censimento dei cittadini che ancora non sono riusciti a mettersi in contatto con i propri familiari o amici: in alcuni casi l’esito è stato positivo, in altri non rimane che la speranza. «Non abbiamo veri e propri dispersi - fanno filtrare in serata da palazzo Manfredi - ma è un dato su cui ora è impossibile fare qualsiasi ragionamento».

Fango e lacrime

In questo contesto di incertezza, muoversi nella città stravolta come dopo un bombardamento è un’esperienza che non si dimentica. Stringe il cuore vedere le centinaia di libri infangati della Biblioteca Manfrediana: «Prima di buttarli - spiega un dipendente - prendiamo nota del codice di inventario, per registrare ciò che è andato perso». Nella scuola di musica Sarti, all’interno del complesso ex Salesiani, gli strumenti travolti dalla fiumana non si contano: «C’è una cinquantina di persone che ci sta dando una mano - spiega il direttore Donato D’Antonio -. Avevamo due pianoforti in ogni aula, e al piano terra quelle distrutte sono 12. Per fortuna il primo piano, che conta 14 aule, è integro. Alcuni nostri colleghi sono stati evacuati con l’elicottero, altri hanno perso la casa. La Sarti sarà vicina a tutti». Spostandosi in via della Croce si incontra una devastazione indescrivibile: l’uno accanto all’altro, Museo Carlo Zauli e Rione Nero contano i danni. «L’alluvione ha colpito fortemente la nostra sede e tutta la via - dice Luca Senni, sbandieratore di Porta Ravegnana -. Abbiamo iniziato a pulire all’esterno, c’è tantissimo lavoro da fare: bar, cucina, sale, premi sono finiti sotto un metro e mezzo d’acqua. Ma il Rione ci ha sempre dato tanto, ora tocca a noi. Prima, chiaramente, ci sono le case di rionali e non, faremo la nostra parte». Poco distante, anche la chiesa di San Francesco si è ritrovata coperta di fango: «Cerchiamo di far defluire l’acqua dal chiostro, la cucina è distrutta, ma i drammi più grandi sono la chiesa e la sagrestia, siamo rimasti esterrefatti nel vederla - racconta il padre guardiano Ottavio Carminati -. Probabilmente domenica celebreremo la messa a Sant’Ippolito. Per i pasti siamo ospiti in seminario. Il vescovo ha provato a visitarci ma non è riuscito a raggiungerci. Siamo quattro frati francescani conventuali, ci stiamo rimboccando le maniche, ma molto andrà buttato». Un altro dramma, nell’impossibile cartografia della rovina, si colloca in via Ponte Romano, proprio sotto il fiume. Qui, fra decine di case, si trovano anche i condomini dell’edilizia popolare di Acer. Tra gli inquilini, Sebastiano, che a Faenza tutti conoscono semplicemente come “Seba”. Nel pomeriggio lo si incontra seduto al tavolino di un bar, chiuso come molti altri. Non ha più nulla, se non uno zainetto: «Vivo al piano rialzato, l’acqua ha riempito l’appartamento - dice -. E pensare che otto giorni fa avevo comprato un frigorifero. Dove dormirò? Stasera mi ospita un’amica, poi vedremo». Un altro luogo della mappa è la circonvallazione: mercoledì era piena d’acqua fino all’orlo, tanto da sembrare il letto di un fiume, ieri sera è stata liberata e riaperta al traffico, ma principalmente per consentire i collegamenti tra Forlì e Bologna passando da Faenza, mentre restano chiusi gli svincoli delle vie Renaccio e Batticuccolo. Ogni arteria stradale che torna percorribile è essenziale in questi giorni. Riaperti al traffico ciclopedonale anche i ponti delle Grazie e della Memoria. Le scuole invece resteranno chiuse fino a lunedì 22 compreso. E sono tantissimi gli adolescenti e i giovani che si stanno coprendo di fango per aiutare la città: la parte migliore della comunità, mentre la peggiore sono gli sciacalli che, come denunciato dal sindaco Massimo Isola, «girano e suonano ai campanelli chiedendo di entrare nelle abitazioni per compiere verifiche su potabilità dell’acqua e impianti di elettricità e gas».

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