Pacca sul sedere in piscina a Faenza alla 16enne appena conosciuta: rinviato a giudizio

Faenza
  • 05 ottobre 2023

Una pacca sul sedere a bordo piscina. Un sonoro schiaffo su una natica, dato a una ragazzina di 16 anni appena conosciuta. Un gesto di per sé già odioso, ma addirittura aggravato da allusioni sconfinate nell’insulto. La classica goccia che fa traboccare il vaso, costata il processo per un 20enne di origini albanesi ma residente a Faenza. Ieri il giovane è stato rinviato a giudizio per violenza sessuale alla luce di un paio di episodi avvenuti il 19 e il 23 giugno dell’anno scorso nei pressi della piscina comunale e del luna park che in quei giorni era allestito di fronte all’impianto sportivo.

Il primo incontro

La giovane inizialmente aveva scelto di non denunciare il fatto. A spingerla sarebbe stato il padre, inizialmente tenuto all’oscuro. Era una domenica pomeriggio con l’estate alle porte. Quel giorno era andata in piscina insieme a un gruppetto di amici, al quale si era aggregato anche il 20enne, conoscente di uno di questi. Vedendolo solo, era stata la ragazza stessa a coinvolgerlo, mantenendo però quella distanza dettata un po’ dalla differenza di età, un po’ dall’aria per così dire sospetta del nuovo arrivato. Una gentilezza presto fraintesa dal ragazzo, che non aveva perso tempo per rompere gli indugi: l’occasione per una prima allusione l’aveva offerta un pacchetto di marshmellow. “Me ne dai uno?”, gli avrebbe chiesto la giovane. Lui avrebbe acconsentito, cercando però di ingozzarla a forza con due caramelle alla volta. E quando lei si era fatta indietro informandolo che era in grado di mangiare da sola, la sua risposta non era stata certo da galateo: «Tu sei una t... sei abituata a prendere le cose in bocca». All’insulto, la ragazza aveva reagito cercando di allontanarsi, ma invano.

Si era fatta ora di cena, e al momento dei saluti con i coetanei il 21enne si era rifatto avanti, chiedendo un abbraccio. Di fronte al rifiuto era partita la forte manata sul sedere. Più che il dolore accusato, era stato il senso di offesa percepito dalla minore a infastidirla. Così avrebbe riferito durante l’incidente probatorio di fronte a uno psicologo interpellato per capire la sua capacità di riferire davanti a un giudice l’abuso subito.

Le offese dei giorni dopo

La ragazza sperava fosse finita lì. Trascorsi invece quattro giorni, aveva incontrato il 21enne alle giostre di fronte alla piscina. Lui era scattato subito, usando lo stesso epiteto, si era rivolto a lei con un “Oh t... non mi saluti!”. I racconti della serata sono poi giunti all’orecchio del padre. A quel punto è partita la denuncia. Ieri le accuse sono confluite davanti al giudice per l’udienza preliminare Andrea Galanti e al sostituto procuratore Stefano Stargiotti. E a quel punto non sono bastate le scuse. Difeso dall’avvocato Nicola Laghi, il ragazzo è stato rinviato a giudizio.

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