Enzo Iacchetti domani sera al Masini di Faenza

«Le persone – racconta infatti l’attore lombardo – sono abituate allo Iacchetti comico. Ora, dopo due anni passati a scrivere lo spettacolo, spero che il pubblico gradirà il cambiamento, doveroso per un artista».
“Libera nos Domine” cita molte fonti, compreso il “Padre nostro”.
«Perché il futuro mi sembra buio, e questo titolo rappresenta una preghiera e una speranza. Non parlo per me: a questo punto dell’esistenza e della carriera, potrei permettermi di andare via e fare la bella vita… Scelgo invece di farmi ancora sparare addosso pensando ai figli, e ai figli dei figli: che ormai sono abituati a vivere persino i sentimenti con qualche sigla sullo smartphone! Il progresso è necessario, certo, ma che tutto sia volato via così rapidamente mi fa dire, anche con lo spettacolo: “Rallentiamo: c’è qualcosa che non va!”».
E lo fa con le canzoni.
«E con una soluzione paradossale: invito infatti Dio in persona a venire sulla terra questa volta senza mandare il figlio. “Rivedi il tuo progetto” gli dico “perché evidentemente c’è un errore, specialmente se dici che ci hai fatti a tua immagine e somiglianza, noi così brutti e tutti uguali”! E sono le canzoni a raccontarlo: quella di Guccini, che dà il titolo allo spettacolo, o “Migranti” che proprio Francesco aveva scritto perché la portassi a Sanremo e che fu scartata».
Furono date molte motivazioni per quella decisione…
«Ma in realtà il brano non ha niente a che fare con la politica”: semmai con la poesia… Su una musica straordinaria racconta infatti come i nostri nonni riempivano le stive delle navi e si disperdevano per tutto il mondo».
Qualcosa di molto simile a quello che succede ora.
«Ma oggi capitano fatti molto peggiori… Anche gli italiani di allora, comunque, oltre a tante cose belle, che nel mondo portano il nostro segno, ne fecero di brutte. Ma ora che siamo stanziali e non più migratori sembra che non ci rendiamo conto che non è possibile decidere chi va e chi viene… Per dire, anche i veneziani preferirebbero che le rondini fossero stanziali e i piccioni migrassero, invece le rondini in autunno partono e i piccioni restano a c…are in piazza San Marco!».
Ma si salva il mondo, con le canzoni?
«Non si risolvono certo i problemi, ma si fanno riflettere le persone. E lo spettacolo, in cui sono da solo in scena, ma con un allestimento tecnologico che crea effetti bellissimi, cerca di farlo, senza mai perdere di vista però la leggerezza e l’ironia: i tecnici mi hanno detto che l’altra sera un signore è uscito da teatro grattandosi la testa e mormorando “bello, bello, ma vado a casa con il cervello pieno di pensieri!”. Ecco, a me piace che il pubblico esca ridendo, ma facendosi domande: sul web, sulle armi, le migrazioni, l’idea di sicurezza, quelle stesse domande che mi faccio io».
Un teatro civile, quindi?
«Soprattutto una sollecitazione: a uscire di casa, a confrontarsi, a non mugugnare da soli protetti da quelle pareti, ma ad avere amicizie e discutere, qualcosa che oggi, sento davvero come un obbligo, per tutti».
Biglietti: 14-25.
Info: 0546 21306