Marradi, chef e vignaioli coi lavoratori della fabbrica dei marroni

Faenza

Continueranno ancora a darsi il cambio ogni giorno e ogni notte come fanno dal 31 dicembre scorso. «Come dipendenti a tempo indeterminato siamo in 7, ma con noi si alternano anche tutti i colleghi stagionali, un’altra ottantina di persone. Stiamo qui per controllare che non portino via i macchinari dalla nostra fabbrica», spiega Sonia Alpi, portavoce dei lavoratori dell’ Ortofrutticola del Mugello, sedici mesi fa venduta alla Italcanditi che subito dopo Natale, mentre i lavoratori erano in ferie, ha annunciato di voler chiudere e trasferire la produzione storica dei marron glacè in Lombardia.

Chef militanti

Ieri a dar man forte ai lavoratori sono arrivati osti e chef stellati mobilitati dall’associazione gastronomica e culturale faentina Tempi di recupero, in collaborazione con Chef to chef, e dei vignaioli di Modigliana-Stella dell’Appennino. In presenza a cucinare per i lavoratori due piatti a base di marroni di Marradi, c’erano gli chef Riccardo Agostini del Piastrino di Pennabilli, e dalla laguna di Venezia Francesco Brutto del ristorante Venissa che ha aderito perché: «Noi siamo sempre abbastanza politicizzati nel nostro modo di far cucina e quando ci hanno contattati abbiamo subito aderito, ci stanno a cuore non solo i sistemi ambientali ma anche i diritti delle persone che lavorano, il loro diritto alla stabilità economica e alla felicità». Altri non potendo esserci causa Covid, hanno partecipato tramite la diretta Facebook on line che ha accompagnato via video la mattinata di presidio. Coordinati da Eugenio Signoroni, curatore della guida Osterie d’Italia di Slow Food hanno preso la parola i “nostrani” Roberto Casamenti de La Campanara di Galeata e Gianluca Gorini di San Piero in Bagno, Giovanni Cuocci della Lanterna di Diogene di Bomporto nel Modenese. Poi Riccardo Gaspari del San Brite di Cortina, Chiara Pavan sempre del Venissa, Juri Chiotti del Reis- Cibo libero di montagna, da Milano Diego Rossi di Trippa, Barbara Piaggio Ligagin di Lumarzu a Genova e altri. Nei bicchieri il vino di Mutiliana dalla valle confinante, con Giorgio Melandri, altro produttore “resistente” in Appennino. «Non ci aspettavamo questa visibilità, ma ci speravamo – dice soddisfatta la vicesindaca di Marradi Vittoria Mercatali –. Senza tutto questo forse la nuova proprietà si sarebbe limitata a dirci che chiudeva e se ne andava. Ora, dopo il tavolo di crisi della scorsa settimana, aspettiamo un nuovo incontro e speriamo». Una controproposta c’è stata: produrre qui snack e altri prodotti semilavorati, ma non più i pregiati marron glacè con il frutto Igp conferito dai castanicoltori della valle. A nessuno ovviamente è piaciuta. «Aspettiamo il prossimo incontro del tavolo di crisi entro fine settimana – conferma Chiara Torsoli della Cgil –. L’azienda ha confermato di voler portare via comunque la produzione marron glacè, senza motivazioni plausibili, proponendo una partnership commerciale non meglio precisata col vecchio proprietario, prima concorrente, per fare sì che qui restino produzioni con scarso valore aggiunto e per poco tempo, insomma per ora non ci hanno dato alcuna prospettiva». Intanto la comunità marradese continua a mobilitarsi e dopo gli chef, a cucinare per i lavoratori saranno sabato la Cgil e gli Alpini che porteranno la polenta e il maialino allo spiedo, domenica tocca ai cinghialai di Marradi.

Regione

Intanto anche il consiglio regionale toscano ieri ha affrontato il caso in aula votando all’unanimità una mozione in difesa dei posti di lavoro e dell'attività produttiva specifica della fabbrica. Il presidente della Regione, Eugenio Giani ha sottolineato, come riporta un’agenzia Dire: «Vorremmo che tutta la produzione venisse mantenuta e che ci fosse la consapevolezza che sul marrone di Marradi possa convergere anche un'idea di crescita della produzione visto che ci sono diversi Paesi, penso a Spagna, Portogallo e altri in America Latina che investono sui castagneti. Poi naturalmente il valore del marrone a Marradi Igp è un'eccellenza».

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