Il più giovane barbiere di Faenza: "Io, artigiano di quartiere"

Faenza

Giuseppe Ragalmuto coi suoi 40 anni è il più giovane barbiere di Faenza. A lui si deve il merito di avere mantenuto aperta un’attività artigianale storica, presente al numero 41 di via Ravegnana dal 1968.

Giuseppe l’ha rilevata nel 2003 e il 18 gennaio festeggerà i 20 anni di esercizio. La “bottega” da quando c’è lui si chiama “Le Figaro”, un nome che non è certo il massimo in fantasia per un barbiere, ma certo lo identifica subito. Prima era semplicemente il Salone Giorgio: Giuseppe ci lavorava come shampista fin da quando aveva 14 anni, alle dipendenze dell’ex titolare Giorgio Santandrea, il suo primo maestro prima di frequentare l’Anam (Accademia nazionale acconciatori misti) a Forlì.

Tra i pochi rimasti

«Sono uno dei pochissimi barbieri rimasti a Faenza – racconta –: un barbiere vecchio stampo, di quartiere, in città saremo rimasti massimo cinque».

Il quartiere è il centro nord, oltre la ferrovia, parrocchia di san Marco, dove nessun altro esercita il suo mestiere che molti ritengono in decadenza, ma che sta vivendo un momento di rilancio, grazie soprattutto alla moda hipster che prevede barba e baffi ben curati in vari stili: alla Giuseppe Verdi, alla Camillo Benso, alla Garibaldi.

In questo Giuseppe è uno specialista. La sua particolarità sta nel fatto che, a differenza di parrucchiere e acconciatori unisex, lui si occupa solo di uomini: «Se qualche cliente vuole una rasatura perfetta, io la eseguo con rasoio tradizionale e schiumatura a pennello. Ci sono anziani che non hanno perso l’abitudine e me la richiedono, ma in fatto di barba oggi si lavora di più con i giovani che la vogliono mantenere sempre in ordine e ciò richiede una sorta di manutenzione: la barba lunga è bellissima ma va disegnata, tagliata, lavata, oliata, come i baffi del resto».

Ricordi di gioventù

Nel quartiere “Le Figaro” è diventato un personaggio, tutti sono orgogliosi di averlo e lui ne va fiero. Al suo cospetto si ha proprio la sensazione di immergersi in un passato senza tempo.

«Ho voluto mantenere anche l’arredamento tradizionale, limitato all’essenziale – dice – mancano solo alcune cose che sono ricordi di gioventù che ho pure usato, insieme al mio predecessore Giorgio. Io ho dovuto abolirli perché non si trovano più: mi riferisco ai calendari profumati con le donnine poco vestite da regalare e alle schedine del totocalcio dove pulire il rasoio dalla schiuma dopo ogni passata sul volto».

Chi ha più di 50 anni ricorderà questi particolari come pure il seggiolino a cavalluccio per i bambini. È cambiato l’abbigliamento, mentre una volta era di rigore il camice bianco, però più corto di quello dei medici (c’erano barbieri negli anni ’60 che si cimentavano anche nell’estrazione dei denti sostituendosi ai dentisti).

Adesso Giuseppe indossa un gilet-corpetto a monopetto in raso che conferisce eleganza e professionalità a un mestiere che la società non vuole perdere e che grazie a persone come lui si proietta nel futuro.

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