Faenza, “Il mio terreno devastato dall’alluvione, ma in due anni non ho visto un euro”




Il suo terreno è stato sommerso da due metri di acqua che hanno portato e depositato tonnellate di legna, eppure finora non ha avuto neppure un euro di risarcimento. «E senza soldi non posso neppure iniziare la bonifica, dato che qui stiamo parlando di cifre elevate, al di sopra delle mie possibilità». Lui si chiama Claudio Taroni ed è un agricoltore 56enne di Faenza. La sua azienda si trova adiacente al fiume Marzeno, sulla strada che conduce a Modigliana.
Gli oltre 9 ettari aziendali hanno subito violente inondazioni nel 2023 e nel 2024. Eppure, secondo gli enti preposti e secondo delle rilevazioni aeree, il suo terreno non sarebbe stato allagato e quindi non ha ancora avuto alcun risarcimento. «Ho lasciato tutto così, come la natura ha distrutto, proprio perché voglio che tutti se ne rendano conto e possano vedere che è impossibile lavorare in tali condizioni. Solo due ettari si sono salvati, ma la restante parte è distrutta».
La terribile alluvione in Romagna del maggio 2023 ha causato danni all’azienda Taroni, ma non così gravi. L’agricoltore, che coltiva per lo più drupacee, dice: «L’acqua nel 2023 ha sommerso i frutteti, ma è scivolata via in poche ore, lasciando solo un po’ di fango e qualche pianta abbattuta. Nulla di irrimediabile, tanto più che qui in zona siamo abituati a esondazioni del torrente. Ma il vero disastro è arrivato l’anno successivo, nel settembre del 2024».
È successo che sull’argine del fiume, fra l’autunno del 2023 e settembre del 2024, sono state abbattute tantissime piante allo scopo di fare quella manutenzione che da decenni non si faceva. «Solo che le piante sono state lasciate sull’argine – precisa Taroni – e la piena del 19 settembre 2024 ha trasportato migliaia di metri cubi lungo il fiume».
Tutta questa legna, di qualsiasi dimensione, con rami più piccoli fino a tronchi pesanti tonnellate, ha raso al suolo quanto trovava lungo il proprio percorso, trascinata dalla forza delle acque. «Il mio podere, che si trova in un’ansa e in una zona bassa, è stato sommerso dai tronchi che hanno divelto i pali e i fili di sostegno delle piante, depositandosi su oltre 7 ettari. Vi sono zone con un deposito alluvionale, fra limo, sabbie e legna, di oltre due metri, rispetto al piano di campagna precedente. Per sistemare tutto serviranno mesi e mezzi molto potenti con spese ingenti».
«È una situazione paradossale – continua l’agricoltore – in quanto, pur ritrovandomi con l’azienda disastrata e pur avendo fatto fare tutte le perizie secondo la legge, ancora non ho avuto risarcimenti».
«Io sono già oberato dai debiti perché avevo fatto investimenti importanti per i nuovi impianti: il piano di ritorno era calcolato e, negli anni, avrei saldato tutto con le banche. Ma così non posso lavorare e onorare i miei impegni».
E conclude: «Mi vergogno di avere un’azienda in questo stato, ma da solo non è possibile affrontare un lavoro di tali proporzioni. Non ho i mezzi e, soprattutto, voglio che tutte le autorità possano vedere da sole la realtà dei fatti. Ci sono tronchi giganteschi con il taglio netto della motosega: non è stato un fatto accidentale. Questi tronchi sono arrivati perché erano stati tagliati a monte e lasciati accatastati sulla riva».