Faenza, i graffiti dei vandali? Diventano memoria storica

Faenza

La frequente apertura della chiesa di Santa Maria dell’Angelo, in quanto dedicata a sede di interessanti mostre a cura del Museo Diocesano, può essere l’occasione per scoprire all’interno un’attrazione aggiunta che pur esulando da fattori artistici, rappresenta una curiosità culturale di valore, piuttosto unica. Si tratta di una fitta sequenza di incisioni sulla balaustra marmorea che divide l’altare maggiore dalla navata principale risalenti ad un periodo compreso tra l’inizio del 1600 e inizio del 1800. Sono le “firme” a volte con data degli studenti del collegio dei Gesuiti: nomi, cognomi, numeri incisi di nascosto, come anche ai giorni nostri i ragazzi si dilettano a fare sotto i banchi di scuola o nei luoghi frequentati. Si tratta di “deturpazioni” e certo non è una “mania” da consigliare, ma tali incisioni antiche di secoli ci sono pervenute, hanno acquisito preziosità e ci parlano della vita di allora nel collegio. “I Gesuiti a quel tempo – spiega don Mariano Pignatelli, direttore del museo diocesano – avevano in mano la cultura , formavano i giovani rampolli della borghesia e aristocrazia locali. La chiesa era attigua al collegio, infatti esistono ancora le finestrelle dalle quali i ragazzi potevano assistere alle funzioni. Avevano inoltre accesso alla basilica, e a volte lo facevano di nascosto, così si divertivano ad incidere i loro nomi sul marmo, e ciò avvenne in modo diffuso, lasciandone a noi traccia”. Nomi e cognomi degli studenti, immortalati sul freddo marmo, frutto di birbonate o moda mai tramontata, sono ora una sorta di attrazione, che mai nessuno ha levigato facendola scomparire. Ciò che non doveva essere fatto è diventato un bene da preservare. I cognomi sono quelli delle antiche famiglie di Faenza e dintorni che potevano permettersi di mantenere in collegio i figli: Zanzi 1740, Valvassori, Morini, Giacomoni, Zauli, Feruzzi, Boschi, Gulmanelli Giacomo 1815, Drei, Piazza 1729, Villa, Berardi, I Trerè sono solo alcuni dei cognomi incisi per intero e perfettamente leggibili. Altre sono da interpretare oppure composti solo a metà, probabilmente perché l’operazione richiedeva un certo tempo, l’autore non è riuscito a completarla, oppure aveva a disposizione uno strumento poco congeniale a scalfire il marmo. La curiosità è pressoché sconosciuta ai faentini che ora possono andare alla balaustra marmorea della chiesa e cercare se tra i loro antenati c’è stato qualche studente alla scuola dei Gesuiti.

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