Faenza, dal Tirreno all’Adriatico in sella a un cinquantino

Faenza

Da Viareggio a Cervia, dal Tirreno all’Adriatico con un filo di gas a rinverdire i gloriosi anni dei “cinquantini”: il Ciao, la Vespa, il Bravo, il Peugeot, il Boxer tutti a presa diretta (senza marce) alimentati a miscela, come tanti altri “ciclomotorini” d’epoca che hanno fatto la storia della mobilità giovanile, ormai mezzo secolo fa.

A compiere l’impresa sono stati 15 appassionati che ancora conservano con dedizione e orgoglio queste icone del passato. Tra loro anche un faentino, Sergio Montanari, presidente degli “Amici delle Cicogne”, l’associazione che gestisce l’Oasi, il cui marchio è stato affisso sul Bravo come fanno gli sponsor sulle MotoGp.

Il Bravo di Montanari è con avviamento a pedali, l’ha ereditato dal padre e tenuto gelosamente in garage per almeno trent’anni. Fu prodotto dalla Piaggio e messo in commercio dal 1973 al 2001: chi ha una certa età non può non ricordarlo nelle versioni blu e rosso. C’era chi lo preferiva al Ciao o al Boxer che aveva la sella allungata come le moto di cilindrata superiore.

Per quanto riguarda la manifestazione, «è stato un evento motociclistico a tutti gli effetti – racconta Montanari – organizzato dall’Ams Bagni di Porretta, storico automotoclub che ci ha fatto incontrare. Da Viareggio a Cervia ci abbiamo messo due giorni, con una tappa intermedia a Porretta Terme. Devo dire che il mio motorino si è comportato benissimo, anche se in certe salite ho dovuto pedalare un po’ per aiutarlo, ma alla fine ce l’abbiamo fatta e per me è stata un doppia soddisfazione».

In che senso? «Ma perché è stato anche un omaggio a mio padre che, scherzando, quando era in vita, mi ha sempre detto: ‘la roba che compro io dura in eterno’. Io vedevo quel Bravo fermo da decenni e, stimolato dall’impresa, mi sono messo in testa di partecipare. Così un giorno ho provato a metterlo in moto, c’era ancora della benzina nel serbatoio e mi sono meravigliato non poco quando ha cominciato a dare alcuni scoppi di vita, poi si è spento. Dopodiché l’ho fatto sistemare: in pratica è bastato pulire il carburatore. Da giovane sono stato un biker, avevo la Yamaha XT 500, ma oggi a settant’anni non mi sento più di guidare moto potenti: il Bravo fa più al mio caso».

Il viaggio? «Lo abbiamo affrontato con entusiasmo, spirito di avventura e goliardia: siamo tutti un po’ attempati, ci hanno seguito mogli, amici e parenti, il nostro passaggio è stato accolto ovunque con simpatia, lungo i 300 km dell’itinerario, su e giù per l’Appennino».

La Tirreno-Adriatico dei cinquantini non è stata solo una rievocazione storica, ma ha riservato aspetti anche tecnico-sportivi: «Bisogna capire un po’ di meccanica, far fronte a piccoli imprevisti e ci vuole anche un minimo di preparazione atletica - conclude Montanari -. Non si sta comodissimi nei viaggi lunghi. Soprattutto però è stata un’occasione di amicizia, simbolo di unione tra i territori e le generazioni nel segno della mobilità lenta e del motorsport d’epoca».

Newsletter

Iscriviti e ricevi le notizie del giorno prima di chiunque altro Clicca qui