Faenza, coppia di ingegneri lancia "La Signora dei Saponi": "Ne produciamo mille al giorno"

Faenza

Hélène, di origini transalpine, era la “Signora dei Saponi”. La chiamavano così perché fino a quattro anni fa comprava i saponi Oltralpe e li vendeva in Italia: una di quelle attività che con l’emergenza sanitaria ha poi avuto un tracollo, per lei irreversibile. Non si riusciva più a commerciare con la Francia e a continuare come prima. Un tracollo che però si è trasformato in un nuovo business grazie all’intuito, al coraggio e ad un’idea eccellente. Sì perché il figlio di Hélène, Alessandro Amadei, ingegnere, nel frattempo ha sposato Alice Liverani, pure lei ingegnere (nota nell’ambiente del Palio) e insieme, proprio durante i lockdown, hanno deciso di lanciarsi nel settore dell’artigianato: «i saponi che Hélène non ha più potuto commerciare, li facciamo noi a Faenza» hanno pensato. Così è sorta una nuova realtà artigianale locale, un marchio e una produzione che si stanno distinguendo in questa stagione di ripresa e resilienza. E’ nato uno stabilimento in via Graziola (di 200 mq) e un marchio di saponette di alta qualità, “La signora dei saponi”. «La mamma di Alessandro – racconta Alice – era diventata una sorta di icona del settore: ci ha trasmesso la passione per l’eleganza e le fragranze francesi che noi abbiamo coniugato con l’ingegno Made in Italy». Le formelle sono ora vendute in franchising a erboristerie, negozi o a titolari di bancarelle per mercati e fiere. Dal 3 all’11 dicembre il marchio farà il suo debutto ad “Artigiano in Fiera” a Milano, padiglione Emilia Romagna, e sarà un esempio di ecosostenibilità da imitare. «Attualmente – continua la Liverani – siamo ad un migliaio di saponette al giorno, ma ovviamente vogliamo crescere. La nostra potenzialità è orientata a questo, magari assumendo organico, perché ora siamo solo io e mio marito». In tale contesto intanto è cresciuta la famiglia con la nascita di Matteo: «crediamo molto nella sostenibilità sociale e nell’equilibrio tra la vita famigliare e lavorativa – dice la giovane madre imprenditrice –. Inoltre offriamo a chi ci sceglie in franchising la gratuità, si paga solo il prodotto, si può smistare dove si vuole con il nostro sostegno continuo, mantenendo però standard di alta qualità». Da rimarcare è la mancanza di packaging, i saponi sono a zero impatto ambientale, nulla finisce in discarica, il nome è impresso sulla saponetta stessa. Per il prossimo Natale molte aziende hanno fatto ordinazioni per regali a clienti e dipendenti. «La materia prima viene dalla Francia, noi la trasformiamo nel rispetto di tutti i disciplinari: è sapone di Marsiglia vero, in un centinaio di fragranze possibili: dalle tradizionali (caprifoglio, sandalo, argan, muschio bianco ecc.) a quelle innovative, tipo Barbapapà, profumo ottenuto da un base di zuccheri». I macchinari, compresa la pressa da 600 kg, sono stati progettati dai due ingegneri: «ne esce un prodotto duraturo, resistente e simpatico». Un sapone di nuova generazione insomma, che i giovani avrebbero riscoperto al posto del formato liquido: «lo dimostra un’analisi di mercato, condotta durante l’Mba e master Marketing strategico che ci ha assegnato due borse di studio per meriti de “Il Sole 24 ore”» conclude la Liverani.

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