Faenza, convento di San Francesco a rischio chiusura, il destino dei frati in bilico

Faenza

La decisione definitiva spetta al Capitolo provinciale e sarà presa a febbraio 2025. Qualora vi sia l’approvazione, a settembre del prossimo anno i frati francescani del santuario e convento che si affaccia sulla piazza dedicata al patrono d’Italia dovranno lasciare il complesso.

«Se ciò accadrà - afferma padre Ottavio Carminati – solo allora sapremo dove andremo». Il rischio è che un altro ordine religioso, dopo i domenicani e le clarisse, abbandoni la città.

Il convento faentino rientrerebbe nella problematica questione “svuota conventi” che sta attanagliando le strutture troppo grandi gestite da troppo pochi religiosi. Mancanza di vocazioni, trasformazioni, accentramenti, una disposizione vaticana che non prevede più l’autonomia di gestione quando i frati o le suore siano rimasti meno di cinque sono alla base delle motivazioni.

La permanenza però è stata salvata per esempio all’Istituto Emiliani di Fognano e a Marradi, dove sono state trovate soluzioni alternative e compromessi, mentre a Faenza le sorelle di Santa Chiara hanno accettato il trasferimento a Monte Paolo in quel di Dovadola, mantenendo però la proprietà della struttura in via della Croce, ora occupata in convenzione con il Comune da famiglie alluvionate e profughi dell’Ucraina.

I francescani minori faentini sono aggregati alla Comunità della Provincia di Sant’Antonio da Padova che raggruppa tutti i conventi francescani del nord Italia, compresi quelli di Faenza e Ravenna. Di questi due ne dovrebbe restare uno solo e prevarrebbe quello provinciale essendo i frati della città bizantina anche custodi della Tomba di Dante.

Per Faenza sarebbe una grande perdita, alla quale i frati sottoposti ad ordine di obbedienza non possono opporsi più di tanto. In loro sostegno si sta però organizzando un movimento laico che sostiene la presenza dell’ordine in città, documentata fin dal 1231.

La Chiesa originaria fu realizzata dai francescani nel 1271. Venne rifatta nel 1740, mantenendo alcune strutture portanti, dal 1743 al 1745 vennero ultimati il campanile e la facciata, i lavori di rifinitura all’interno terminarono nel 1757.

La seconda guerra mondiale demolì la cupola della Cappella della Concezione poi restaurata. Vario e prezioso è il patrimonio di dipinti, sculture, arredi: tra questi vi è l’immagine sacra dell’ “Immacolata Concezione”, il cui culto a Faenza è molto sentito e diffuso, come testimonia la grande festa dell’8 dicembre, gestita dalla parrocchia di San Francesco. Una parrocchia che potrebbe essere soppressa, inglobata a quella del duomo.

Ma che fine farà il santuario dell’Immacolata? E soprattutto che ne sarà della struttura? Sarà venduta a pezzi? Sarà trasformata? Che fine faranno gli eventi? E il patrimonio d’arte, il teatro, gli splendidi chiostri, l’organo monumentale di Antonio Colonna Dal Corno, il famoso presepe meccanico, con le preziose statue di padre Lambertini? Questo si chiedono i faentini.

«Se andremo via – spiega laconico padre Ottavio – qualcuno dovrà occuparsene». Ma chi? La speranza è che si possa salvare, perché la fuoriuscita dei frati, senza progetti alternativi, consegnerebbe alla città un intero quartiere in pieno centro, privato in pochi anni di importanti identità e senza apparenti progetti di riconversione. San Francesco, Santa Chiara, caserma dei pompieri, destinata anch’essa al trasferimento costituiscono un comparto che lancia segni di estinzione a vantaggio solo del degrado.

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