Faenza, alluvionati in riunione al cinema: "Ora un giusto ristoro"

Faenza

Entrano a gruppi o singolarmente, qualcuno ancora sporco di fango, mentre altri hanno lavato via la fatica della giornata. Ciascuno ha una storia diversa da raccontare, alcune di esse lasciano senza parole, ma tutti sono accomunati dall’aver vissuto il dramma dell’alluvione e martedì sera si sono dati appuntamento al cinema-teatro Europa messo a disposizione da Don Marco Ferrini per dare vita alla prima assemblea del costituendo comitato che riunirà i residenti delle zone colpite dal disastro. In sala oltre 200 persone, il loro portavoce è Marcello Arfelli, casa allagata in via Cimatti e un lavoro ai vertici della Protezione civile a Forlì. Insomma, una persona che conosce bene ciò di cui parla. I punti degli alluvionati, che hanno eletto nove rappresentanti nella prospettiva di aprire un tavolo con l’Amministrazione comunale, sono essenziali, chiari: «La nostra proposta di comitato - spiega - serve per tentare di ottenere un giusto ristoro per tutti coloro che sono stati danneggiati. Tra noi ci sono anche avvocati e altri esperti. Senza la velleità di andare contro nessuno, vogliamo chiedere che vi sia un accertamento su quanto accaduto da parte di chi ha l’autorità per farlo. Ognuno, poi, sarà libero di avviare anche azioni legali qualora volesse farlo. La nostra è una battaglia apartitica, civica e non violenta». Intanto si raccolgono le testimonianze di chi ha vissuto in prima persona la terrificante notte tra 2 e 3 maggio: presto sui tavoli della Procura della Repubblica potrebbe finire un primo esposto. Tra coloro che martedì sera si sono detti disponibili a valutare quest’ultima opzione c’è l’avvocato Gian Paolo Novelli: «Condivido abbastanza l’idea di un esposto per invitare il Procuratore a controllare se tutto sia stato fatto regolarmente - ha detto durante l’assemblea -. Capendo chi ha fatto cosa e con quali tempistiche si potrebbe arrivare a dedurre se vi sono eventuali responsabilità». Uno dei nodi fondamentali della vicenda è quello relativo alla comunicazione dell’emergenza alla cittadinanza direttamente interessata: il Piano intercomunale di Protezione civile prevede di applicare determinate procedure, come ad esempio avvisare «porta a porta» o con «altoparlanti» la popolazione delle aree a rischio nel corso della fase previsionale di un’alluvione. Quasi tutti, però, dicono di non essere stati avvertiti da nessuno, se non alle 3 di notte, quando l’acqua era già arrivata: «Se lo avessimo saputo - è la voce unanime - avremmo potuto salvare qualcosa dall’acqua». Ancora più eloquente la testimonianza di Martina, residente in via Sarna: «Noi ci siamo allagati alle 22 di martedì sera. Non è passato nessuno, a parte i Vigili del Fuoco, persone squisite, per portarci via alle 6 di mercoledì mattina. Poi non si è più fatto sentire nessuno». Secondo un altro legale, Danilo Montevecchi, anch’egli colpito dall’alluvione, bisogna «fare pressione nei confronti dell’Amministrazione, perché il “caso eccezionale” è finito la notte del 3 maggio». «L’idea - aggiunge Eva Cerri, ingegnera, anche lei tra i referenti del gruppo - è di fare sentire una voce che arriva dal basso».

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