Cavallette, proliferazione fuori controllo nelle colline faentine

Faenza

Una prima grana da risolvere per il neo presidente dell’Ente Parchi e Biodiversità Romagna, Alfonso Nicolardi: ai complimenti e auguri di un buon lavoro, la Coldiretti Ravenna, tramite il direttore Assuero Zampini, ha aggiunto l’impellente richiesta di un incontro per affrontare subito il problema delle cavallette che nell’area protetta troverebbero terreno fertile per concentrarsi e riprodursi.

L’obiettivo è contrastare la piaga che il caldo torrido e prolungato, la scarsità di precipitazioni hanno innescato e che si sta abbattendo specie sulle zone di collina e montagna del Ravennate fino alle porte di Faenza.

Qualcosa si può fare intervenendo sulla riproduzione, infatti questi insetti depongono le uova nelle cosiddette “grillare”, alle quali il Parco dei gessi offrirebbe l’ambiente giusto, ovvero terreni incolti, compatti, esposti a sud e dotati di pendenza, quindi meno soggetti ai ristagni idrici.

«In collina – sostiene l’associazione degli agricoltori – le cavallette stanno letteralmente divorando le coltivazioni di erba medica, foraggio, ma anche la frutta in raccolta: pesche, nettarine, susine, albicocche tardive. Ad alimentare questa invasione distruttiva, non è solo il cambiamento climatico bensì anche l’eccesso di vincoli che blindano le aree di montagna, impedendone di fatto la coltivazione».

Dopo verifiche effettuate nelle ultime settimane, la Coldiretti ha constatato come «gran parte delle zone maggiormente colpite dall’invasione siano limitrofe proprio ai terreni incolti, vincolati perché inseriti nelle aree del Parco: si tratta – dice Zampini - di un eccesso di politiche di salvaguardia, perché le zone protette e i terreni incolti all’interno della Vena del gesso diventano serbatoi per l’incontrollato propagarsi della piaga»

Viene così avanzata la richiesta a Nicolardi «di esaminare i vincoli esistenti e attivare un monitoraggio finalizzato all’individuazione delle grillare presenti nelle aree del Parco dove le cavallette - conclude Zampini - certamente, non procurano danni alle grotte, ma al territorio agricolo confinante, senza dubbio, sì».

A parere degli entomologi, una volta deposte le uova in terreni favorevoli la scarsa piovosità ed umidità invernale permette la sopravvivenza e quindi lo sviluppo degli insetti nella stagione successiva.

La lotta alla riproduzione è la più efficace e si pratica attraverso interventi agronomici. I protocolli consigliano di individuare le grillare e distruggere le “ooteche” con lavorazioni ed erpicature, di dissodare i terreni infestati (in autunno e inverno) così da esporre le uova agli agenti atmosferici che ne riducono la vitalità.

Rimettere in coltura i terreni abbandonati può dare quindi buoni risultati come pure a livello di lotta biologica funzionerebbero le faraone, liberate a pascolare in grandi colonie nei terreni infestati.

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