Alluvione in Romagna un anno dopo, Massimo col suo surf salvò 9 persone a Faenza: «Ho agito d’istinto tra buio e corrente»

Faenza

E’ la sera del 16 maggio 2023, martedì, sono da poco passate le 21. Un terzo della città di Faenza sta soccombendo all’alluvione. E’ uno dei momenti più drammatici della sua storia. E’ la seconda alluvione dopo quella di inizio mese che ha interessato il quartiere Borgo. Il Lamone ha rotto gli argini e stavolta in alcune zone l’acqua e il fango hanno già raggiunto il secondo piano delle case. La notte sarà da incubo.

Nelle tenebre, con l’illuminazione pubblica in tilt, si odono le grida di aiuto, le sirene in lontananza, le pale degli elicotteri a bassissima quota, urla strazianti di mamme e figli che piangono, il tutto mixato al frastuono assordante della fiumana nera e melmosa che invade le strade e fa razzia di tutto ciò che incontra: auto, cassonetti, biciclette, alberi, rami, detriti. L’odore è quello del fieno marcio. E’ panico.

E’ emergenza assoluta, l’ora del “si salvi chi può” come direbbe il capitano di una nave che sta affondando. I soccorsi non si sono ancora organizzati.

L’eroe della porta accanto

Ma c’è chi non sta a guardare come Massimo Ciani, uno dei primi a rendersi conto che bisognava agire. Subito. Massimo è colui che ha portato in salvo 9 persone, 6 bambini e 3 adulti sfidando con il suo surf la corrente impetuosa. Nella specialità del windsurf è stato un atleta e sa come muoversi anche con il mare agitato, ma certo ora non può usare la vela e non c’è affatto da divertirsi. Ad un anno da quella drammatica notte, il ricordo in lui è ancora vivo, inquietante «brutto, mi scorrono davanti quelle immagini agghiaccianti. Ho indossato la muta e dal garage ho preso una tavola, un remo e una corda e sono andato, perché ero riuscito a parlare con mio cugino, che si trovava bloccato in via Carboni con moglie, figli e altri vicini, con l’acqua che si stava alzando di attimo in attimo. Accompagnato dall’altro mio cugino Vainer abbiamo raggiunto via Mura Diamante Torelli, all’altezza della discesa in via Orzolari. Sotto in via Lapi e nel parcheggio Faenza 1 c’erano 4, 5 metri d’acqua che continuava a salire». Non c’è tempo da perdere. Massimo si tuffa nella corrente e percorre 400 metri con il surf , fino a via Carboni. «Via Lapi era un altro fiume: mi sono trovato a nuotare aggrappato alla tavola evitando cassonetti e quant’altro, davanti alla Gomma Plastica c’era un vortice, provocato dalla barriera dell’edificio di fronte, che respingeva l’impetuosa avanzata. Io mi muovevo all’altezza dei segnali stradali che indicano le via». Giunto in via Carboni, Massimo fa la spola. Dalle finestre carica prima i bambini poi gli adulti, usa il surf come un barella galleggiante e la spinge a nuoto. Raggiunge Vainer che lo attende sulle mura. Per issare i naufraghi, Vainer si fa reggere per i piedi, a testa in giù. «Abbiamo fatto tutto d‘istinto: è stato terribile, ma per fortuna è andata bene - continua il racconto -. Il momento più brutto è stato quando in uno dei recuperi siamo stati sfiorati da un cassonetto, anzi credo di averlo allontanato con le mani, mentre ci veniva addosso». In quel punto anche i Vigili del fuoco non riuscivano ad intervenire: attendevano mezzi più idonei per affrontare la corrente. Il rischio è stato grosso, ma tra i sopravvissuti e il loro salvatore si è creato un fortissimo legame di riconoscenza e affetto.

Il lutto

Ma Massimo ha un forte cruccio: pochi mesi fa ha subito un grave lutto: è morto suo padre, in un tragico incidente proprio mentre si allenava col surf a Marina Romea.

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