Faenza, vegetazione selvaggia e nutrie sugli argini del Lamone

Faenza

Torna a fare discutere lo stato di manutenzione degli argini del fiume Lamone.
Sul tema interviene Bruno Gardegni, geologo professionista faentino che lavora in ambito ambientale, che intende sottoporre all’attenzione dell’amministrazione comunale alcune problematiche relative all’alveo del fiume Lamone in prossimità del Ponte delle Grazie sia a monte che a valle.

«L’area – spiega Gardegni – sarebbe un parco fluviale, ma io lo chiamerei piuttosto caos fluviale. Erbacce di ogni sorta e canneti, ricettacolo di nutrie e altri animali, la fanno da padrone. Sappiamo i danni che le nutrie provocano agli argini, oltre alla presenza di alberi che, grazie alle condizioni favorevoli, sono sempre più grandi. Tutto questo rappresenta un ostacolo e un pericolo durante le eventuali piene primaverili o autunnali, aumentando la portata delle stesse e provocando potenziali esondazioni e quindi allagamenti delle aree circostanti».

Riguardo alle nutrie, alcuni mesi fa l’Unione della Romagna faentina ha rinnovato la convenzione con la Provincia per consentire l’abbattimento dei roditori fino al 2023. Eppure nell’ultimo periodo le segnalazioni sembrano essere addirittura aumentate, e alcune carcasse di nutrie investite da automobili sono state visto persino nella rotonda all’imbocco dell’autostrada. E il problema raddoppia proprio nei pressi dell’alveo del Lamone, dove la vegetazione cresce indisturbata da ormai troppo tempo: «L’ultima pulizia risale al 2018 – prosegue Gardegni – e sarebbe ora di intervenire per sanare la situazione. Non ci si può trincerare sempre dietro la scusa della mancanza di fondi: i soldi si trovano visto che per altri comparti, quali Palio e ceramica, non mancano mai».

Sul fronte Lamone, intanto, si muove anche la politica, che con Andrea Liverani, consigliere regionale della Lega, chiede di «pulire i fondali del fiume e predisporre un piano di controllo degli argini, danneggiati dalle tane scavate dai roditori, oltre a indicare quali interventi ha predisposto la Regione in vista delle future piogge».
Oltre alla crescita, in certi punti quasi selvaggia, della vegetazione, Liverani sottolinea come elemento critico anche l’accumulo di ghiaia, sassi, sabbia e materiali legnosi negli alvei fluviali: «La scarsa pulizia o manutenzione – aggiunge – nonché la mancata estrazione dei sedimenti, in caso di alluvioni o piene può causare straripamenti, con conseguenze catastrofiche per cittadini e attività commerciali presenti nelle zone limitrofe. Il fiume storicamente ha influenzato lo sviluppo del territorio, agevolando le attività economiche, fornendo acqua per l’agricoltura, costituendo un importante ambito naturalistico».

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