Faenza, una sezione permanente al Mic

Faenza

Passato e presente dialogano a segnare una nuova tappa dell’inesauribile percorso che lega testimonianze a innovazioni al Mic. Passato e presente si intersecano a vicenda nei due progetti espositivi dedicati alla memoria del Mic e presentati ieri alla preview dell’inaugurazione della nuova sezione permanente intitolata “1908-1952. A ricordo di un’impresa di sogno” a cura di Valentina Mazzotti.

Una sezione intesa a ripercorre le vicende che portarono alla fondazione del Museo e al suo rapido sviluppo fino alle drammatiche distruzioni della seconda guerra mondiale e alla ricostruzione postbellica con la riapertura del Museo nel 1952. Un omaggio in pratica al fondatore Gaetano Ballardini che da “quattro cocci” iniziali riuscì a creare la più completa e importante esposizione mondiale di questa arte.

Il passato si interseca con la mostra dell'artista contemporaneo Salvatore Arancio che, dopo avere frequentato la residenza d’artista del museo Carlo Zauli e vissuto esperienze alla Bottega Gatti, ha dato vita a "We don’t find the pieces they find themselves", a cura di Irene Biolchini, ispirata proprio alla storia del Mic, alla sua devastazione bellica e ricostruzione , e soprattutto all'operazione di restauro delle opere di oltre 300 casse di frammenti recuperati dai bombardamenti aerei del 1944.

«La nuova sezione permanente – ha detto il sindaco Massimo Isola – è un focus storico del periodo considerato, a omaggiare la geniale intuizione di Gaetano Ballardini di costruire questo unicum. Nel 1908 la sua fu una visione forte, concomitante con l’Esposizione universale torricelliana di Faenza. Gli anni che seguirono hanno costruito il futuro della nostra città che ha oggi un’identità ceramica precisa dovuta a quella pietra miliare. Ballardini creò allora un brand».

In questa nuova sezione è in evidenza il restauro più recente, l’opera “Adamo ed Eva” di Jean Renè Guguin.

«Si tratta della 12ª sezione permanente del museo nel soppalco sopra la sala delle ceramiche classiche - ha rimarcato la direttrice Claudia Casali – dove abbiamo raccolto opere restaurate, frammenti di ceramica, materiali di archivio, fotografie e documenti a ricostruire l’impresa del fondatore e primo direttore del museo. Ballardini in cinquant’anni si trovò a doverlo ricostruire due volte a causa della guerra».

La mostra contestuale "We don’t find the pieces they find themselves" resterà allestita fino all’8 gennaio nella projet room e nella sala delle ceramiche faentine. Si tratta di 16 opere create da Salvatore Arancio usando i linguaggi del video e della scultura in dialogo tra essi: le riprese con le immagini dei luoghi, dei frammenti, dei momenti di lavoro delle restauratrici (in visione contestuale) interagiscono con le sculture, fra le quali quelle in ceramica smaltata sono realizzate a quattro mani in workshop con le restauratrici stesse del museo.

In occasione della mostra, Arancio ha realizzato una serie di edizioni d’artista delle opere esposte che potranno essere acquistate presso il bookshop del Museo. Info: 0546 697311 e www.micfaenza.org.

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