E’ un’antica fornace per la cottura della ceramica, un’officina come si chiamavano un tempo questi edifici, con tanto di forni in grado di produrre pregiate maioliche. Si tratta della scoperta, a circa un metro di profondità, avvenuta sotto il cortile del Palazzo delle Esposizioni.
Il complesso muterà nome in Palazzo degli Eventi, dopo il programmato restauro di 4 milioni e mezzo di euro. Ed è stato proprio durante le fasi preliminari a tale recupero, che prevedono ispezioni a campione di carattere archeologico e di bonifica bellica, che è avvenuto il ritrovamento dei ruderi, spalmati sull’intera superficie della corte interna.
Rilevamenti e reperti
La Soprintendenza sta effettuando verifiche e ha avviato uno scavo importante: dopo avere utilizzato un escavatore gli specialisti sono alle prese con pennelli e cazzuole, compiono misurazioni e rilevamenti: è possibile che siano stati rinvenuti reperti.
«Finora non sappiamo nulla di preciso, nemmeno a quale epoca risalgono quei ruderi – afferma il sindaco Massimo Isola -: possiamo però avere informazioni dalla zona in cui si trovano, a margine di via Ca’ Pirota così chiamata per via dell’antica fabbrica di ceramiche esistente nel 1500. Senz’altro si tratta di una fornace, è pensabile che possa avere a che fare con quell’antica manifattura».
Lo scavo dovrà appurare se i ruderi appartengono a quell’officina primordiale o si tratta di costruzioni sovrapposte successivamente o di altro ancora.
Un immenso valore
Osservando lo scavo si possono vedere le fondamenta in laterizio che suddividono i vari spazi. In uno di questi si notano i resti di quello che parrebbe un vero e proprio forno. Se si trattasse dello stabilimento descritto anche dalla Treccani sarebbe un ritrovamento di immenso valore, anche per via delle notizie che gli scavi possono ora documentare.
«Si chiamano Ca’ Pirota – scrive l’enciclopedia – le attivissime officine dei figli di un Pierotto di Gaspare di Michele Paterni (morto prima del 1505) operanti a Faenza e altrove (a Ravenna); nonché il complesso della produzione maiolicara di queste, che è di gran lunga la più celebre fra tutte le altre “botteghe” faentine».
E si riporta un’ipotesi cioè «che questa fabbrica prese nome non dal suo maestro o capo principale, ma da un edificio così chiamato, dove era posta la fabbrica». Le produzioni Ca’ Pirota sono firmate e si identificano con stili e decori famosi, giunti fino a noi.
«Le officine Ca’ Pirota davano lavoro a tanti faentini, chiamati “pirottini” – affermano gli storici Luigi Solaroli e Giuseppe Emiliani – e hanno ospitato artefici insigni come il cosiddetto Maestro della Resurrezione».
I resti in vetrina
Ad avviso del sindaco Massimo Isola: «Se si tratta di quella fabbrica è probabile che la Soprintendenza – una volta compiuti gli studi e le ricerche necessari –, seppellisca il tutto e ci chieda di inserire nel progetto del Palazzo degli Eventi una traccia del ritrovamento: una vetrina, una pavimentazione vetrata o comunque una testimonianza evidente della scoperta».