Faenza, rione Rosso: nuovi costumi e omaggio a Laderchi

Faenza


Il rione Rosso prepara la Sagra del Pellegrino, appuntamento tradizionale della primavera faentina, giunta alla sedicesima edizione, la prima post pandemia.
«Dopo essere rimasti fermi per tanto tempo – afferma il capitano Gianluca Mainetti – ripartiamo con entusiasmo; questa sarà la prima occasione in attesa del Palio a giugno. La sagra avrà un programma rinnovato, centrato su tematiche culturali, storiche, su personaggi, luoghi, infrastrutture legati al territorio rionale, con eventi dall’8 aprile al 6 maggio. Il periodo comprende il weekend clou del 23 e 24 aprile, in cui solitamente si svolgeva il Torneo sbandieratori del Pellegrino, che quest’anno non sarà disputato, sostituito da presentazione pubblica dei nuovi costumi, open day per far conoscere le nostre attività, spettacoli di giovani sbandieratori, gastronomia, esibizioni e pranzo medioevali, festa serale in piazza Rampi e altre iniziative».


Si partirà dunque venerdì ponendo l’attenzione su un nobile faentino che, partendo proprio da un palazzo del rione Rosso, che porta il suo nome, visitò molti paesi europei in un viaggio durato oltre due anni, dal maggio 1788 al novembre 1790: il “Gran viaggio di Achille Laderchi".
Su questo argomento si terrà al Museo del Risorgimento una mostra di lettere autografe, inviate al fratello dalle varie capitali europee, che hanno consentito di ricostruire il suo viaggio, e una conferenza tenuta da Claudio Casadio, giornalista e storico, ex direttore della Pinacoteca.
Le lettere (51 per l’esattezza), conservate nell’Archivio di Stato, sono un’inedita testimonianza sulle condizioni economiche e sociali di un’epoca e un mondo europeo alquanto diverso dallo Stato Pontificio di allora, dove si trovava Faenza. Dalla corrispondenza emergono riflessioni di Achille Laderchi, interessato alle novità e alla cultura scientifica, umanistica e artistica. Il suo viaggio in un periodo in cui spostarsi significava compiere imprese memorabili lo portò a Berlino, Amsterdam, Praga, Varsavia, San Pietroburgo, Londra. Fu a Parigi nei mesi della Rivoluzione Francese. A 35 anni si confrontò con vicende e personaggi che aprirono in lui ideali innovativi per Faenza che gli costarono in seguito l’espulsione dallo Stato Pontificio. Fu condannato e trascorse l’esilio a Firenze, gli fu concesso di tornare in patria solo nel 1828. Morì nel 1835 a Prada, nella villa di campagna della famiglia.

Nel programma rientra un’altra iniziativa, il 6 maggio, quando sempre al Museo del Risorgimento e in omaggio ai Laderchi si terrà una conferenza a cura di Stefano Drei e Martina Fabbri Nuccitelli sulla figura della principessa Pazienza Porcia, giovanissima moglie di Pietro Laderchi, morta a 18 anni in circostanze ambigue.
Nell’occasione sarà scoperta la sua lapide sepolcrale che, dopo 200 anni, ha trovato collocazione nel palazzo di famiglia.

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