Faenza, restaurate le grandi opere del Museo diocesano

Faenza

I risultati di ben 4 anni di restauri, dal 2018 al 2022, su prestigiose opere di valore artistico, sacro e simbolico, provenienti dalle collezioni del Museo diocesano saranno visibili alla mostra “Disvelare il sacro” da oggi (inaugurazione alle ore 18.30) al 12 giugno alla chiesa di Santa Maria Dell’Angelo.
Il percorso nella basilica gesuitana, ormai adibita e attrezzata a cura della Diocesi ad eventi culturali e mostre, si estende per la prima volta anche alla sagrestia e agli spazi dietro l’altare maggiore, affiancato dai due obelischi borrominiani, rappresentati già da soli una mirabile attrazione.

«Con questa iniziativa – ha riferito il direttore del Museo diocesano, don Mariano Faccani – intendiamo restituire alla città opere importanti e inedite, alcune provenienti dai nostri depositi, e in massima parte oggetto di restauri, resi possibili grazie al contributo dell’Ufficio nazionale beni culturali ecclesiastici e l’Edilizia di culto che ogni anno stanzia fondi per la conservazione».

Si tratta di dipinti, pale, sculture, argenterie, oreficerie, affreschi, tra i quali anche quattro tele di “Maddalene” esposte in concomitanza con la grande mostra ai musei San Domenico di Forlì. Prezioso l’apporto fornito al restauro dai docenti e studenti del corso di laurea magistrale in Conservazione beni culturali dell’Università di Bologna, sede di Ravenna.
Oltretutto ben quattro opere sono divenute oggetto di tesi: la statua di Santa Filomena (del 1836 di Giuseppe Ballanti), due affreschi dalla chiesa rurale di San Barnaba apostolo e un lacerto di affresco della fine del XV secolo proveniente dalla cappella dei Battuti Bianchi del duomo di Faenza.

In posizione preminente i visitatori troveranno due originali reliquiari antropomorfi in rame dorato recuperati grazie al progetto “Restituzioni” di Banca Intesa San Paolo. Si tratta delle “Sante mani”, miracolosamente riapparse dopo secoli di oblio, pressoché sconosciute al pubblico contemporaneo, ma oggetto di culto in passato, portate addirittura in processione fino alla metà del 1700. Sono una rarità assoluta che, dopo questa prima esposizione, saranno inviate a Napoli per una mostra sulle opere sacre. Le mani, mozzate sopra il polso, sono di fattura quattrocentesca e provengono dalla pieve di Santa Maria Foris Portam: all’interno sono cave e un piccolo sportellino in entrambe permetteva di accedere alle reliquie di due martiri, Santa Giustina da Padova e Innocenza da Rimini vissute nel quarto secolo.
«In evidenza – ha rimarcato il vicedirettore del museo Giovanni Gardini – saranno pure i magnifici arredi della sacrestia, da considerarsi come ulteriore tassello al recupero degli antichi ambienti dei gesuiti. Tra l’altro vorremmo rendere disponibile anche un cortile interno e i locali al piano superiore».
Un proposito quest’ultimo che si allinea con la costituzione nel blocco architettonico unico del complesso dei Gesuiti, di un monumentale polo museale, insieme a Pinacoteca e Palazzo degli studi.

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