Faenza, "Non denunciò agente", comandante Polizia locale indagato

Faenza

Ci sarebbero stati esposti e lamentele, gran parte dei quali puntavano il dito contro un collega all’interno della polizia locale di Faenza, denunciando una condotta tutt’altro che lecita e una successione di presunti favoritismi all’interno del Corpo. Eppure nessuna di quelle segnalazioni sarebbe stata presa in considerazione dal dirigente, lasciando di fatto libero Gian Carlo Valgimigli di muoversi in piena autonomia. Le conseguenze parallele dell’inchiesta sulle estorsioni e sulle truffe contestate all’ormai noto ex vigile urbano (già condannato in primo grado a 4 anni e 10 mesi e tutt’ora indagato per ulteriori episodi) si sono ripercosse sull’attuale comandante della polizia locale dell’Unione della Romagna Faentina, Vasco Talenti. Nei suoi confronti la procura ha aperto un fascicolo che lo vede accusato di non avere denunciato, in qualità di pubblico ufficiale, i presunti reati commessi dal sottoposto, facendo cadere nel vuoto le segnalazioni.

Tutela legale a spese dell’Ente

La voce sull’indagine a carico del comandate circolava da tempo. Almeno da quando, nel giugno scorso, una delibera di giunta dell’Unione ha concesso al dirigente il patrocinio legale a spese dell’Ente pubblico. Il documento, che porta la firma dell’ex sindaco di Faenza Giovanni Malpezzi, fa riferimento al fatto che è stato lo stesso Talenti a informare la giunta riguardo le accuse che lo coinvolgono, emerse proprio durante le indagini su Valgimigli. Nell’ambito di tali accertamenti sono inoltre stati sentiti anche altri agenti e persone informate sui fatti.

Altri indagati

Il comandante, infatti, non è l’unico funzionario trascinato nell’inchiesta coordinata dal procuratore capo Alessandro Mancini e dal pm Angela Scorza, che ha travolto il 51enne Valgimigli. Tra gli indagati, già nei mesi scorsi era emersa la notizia di un ulteriore dirigente inquadrato nell’ambito della pubblica amministrazione della Romagna Faentina, coinvolto in merito alle assenze del vigile urbano per motivi di salute, giustificate con visite mediche che gli avrebbero consentito di stare a casa per periodi anche prolungati in circostanze dubbie.

Chiuse le indagini per l’ex vigile

Ma il fulcro delle accuse principali mosse dalla procura per quanto riguarda Valgimigli, è contenuto nell’avviso di fine indagini, notificatogli a inizio novembre.

Fra queste compare anche il suicidio di un macellaio 64enne, che fu trovato impiccato all’interno del proprio negozio il 25 luglio del 2019. Prima di togliersi la vita, aveva scritto in alcuni fogli il nome del vigile, indicandolo come l’usuraio che lo aveva portato a compiere il gesto estremo. Da qui - dopo l’iniziale contestazione di istigazione al suicidio -, l’accusa riformulata in ultima istanza è di “morte come conseguenza di altro reato”, appunto, l’usura.

A questa si aggiungono gli altri capi d’imputazione, che riguardano due truffe e un’estorsione, perpetrate nell’arco di sette anni, con un giro d’affari ricostruito dalla guardia di finanza che supera il milione di euro.

Per questo, dopo la condanna in primo grado per un’estorsione da 5mila euro a un commerciante di auto di lusso, ora il 51enne rischia un nuovo processo. Difeso dagli avvocati Gabriele Bordoni e Gian Luigi Pieraccini, si trova attualmente agli arresti domiciliari.

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