Faenza, muore lo storico barista Lazzaro Cignani

Faenza

La morte di Lazzaro Cignani storico barista faentino ha commosso l’intera città. Il suo nome, legato al bar Pesa, gestito per 50 anni, fino al 2007, è una leggenda che con la morte avvenuta lunedì, all’età di 93 anni, è diventata mito.

«Era il “re caffè” – riferisce il presidente del consiglio comunale Niccolò Bosi – incarnava il connubio tra passione e lavoro: su di lui si conoscono tanti aneddoti che spesso ci fanno sorridere, ma ci rendono anche orgogliosi».
Sui social una platea enorme di faentini si è espressa ieri in una serie di ricordi, testimonianze, condoglianze.

Molti vorranno salutarlo ai funerali di domani, fissati alle ore 11 della mattina alla chiesa dell’Osservanza.
Lazzaro aveva aperto nel 1957, di fianco alla vecchia pesa pubblica, che certificava i commerci degli agricoltori. Furono loro i primi clienti: arrivavano con le loro merci e trovavano sempre pronto un meritato caffè a qualsiasi ora, dalle 4 di mattina alle 2 di notte: orario che si è protratto per decenni. Sì perché Lazzaro in pratica chiudeva solo per le pulizie.
Il suo bar fu riconosciuto Bottega storica nel 2016. E il suo caffè ottenne anche il riconoscimento del Gambero Rosso.

Alle 5 di mattina da Lazzaro ci trovavi puntualmente anche l’ex sindaco Claudio Casadio che leggeva i giornali portati dal pasticcere Enzo Cenni (pure lui scomparso).
Sui quei giornali leggevi anche i commenti ai titoli, scritti a biro dai lettori: una forma di satira “fai da te” molto esilarante.
Casadio non era l’unico cliente politico, per oltre 30 anni ha frequentato il bar anche Gilberto Bucci, il più longevo consigliere comunale. Poi vi erano diverse compagnie di amici, tra le quali quelle del celebre oncologo Giovanni Rosti, del dentista Massimo Magistretti, del rallista Fabio Villa, della ceramista Lidia Carlini, dell’ex assessore Ruggero Pasi. Vi trovavi Giordano Sangiorgi del Mei, come pure l’onorevole Gabriele Albonetti solo per citare alcuni estimatori di quel caffè leggendario.

Un caffè conosciuto perfino a Bologna. «Fu memorabile la premiazione come miglior utilizzatore del Caffè Segafredo, avvenuta allo stadio Dall’Ara – ricorda Gilberto Bucci –: gli regalarono una macchina del caffè nuova, ma questo è solo un aneddoto, vorrei sottolineare la sua straordinaria dedizione al lavoro, esempio di una generazione che risollevò il paese nel dopoguerra».
Tifoso del Bologna, Lazzaro finanziò una squadra di dilettanti che tra gli anni 70 e 80 vinse diversi tornei notturni: le coppe erano in mostra nel bar e le descriveva come se fossero trofei mondiali.
Le “manone” e la crociera
La sua leggenda è ricca di una narrativa degna del “Bar sport” di Stefano Benni: da come maneggiava il porta filtro a come le sue manone “sbattevano” la tazzina sul piattino, che per il sonno patito doveva essere centrata; il cappuccino lo serviva nei bicchieri da osteria.
Si racconta che non dormisse mai, così quando una delle rare volte andò in vacanza, si concesse una crociera, e pare che la prima settimana la passò a letto, poi, quando si alzò, andò a prendere un caffè. Fu lì che rimproverò il barista: «Tu non sei capace, ti faccio vedere io», gli disse. Lo fecero provare e il risultato fu sorprendente al punto che la seconda settima di vacanza la trascorse dietro il bancone.

Dopo la cessione il bar non ha mai più funzionato come ai vecchi tempi: ha iniziato a chiudere presto la sera, così si sono perse le compagnie, e con l’ultima gestione da poco tempo ha chiuso i battenti, probabilmente vittima della crisi e della pandemia.

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