Faenza, la sentenza del caffè avvelenato: "Ispirato da Claudio Nanni"

Faenza

Remigio Scarzani? «In udienza, come nella vita, un mentitore seriale», capace di «negare anche le evidenze più plateali dei fatti», preso da «smania autodifensiva» e «ispirato» da Claudio Nanni, il faentino all’ergastolo per avere commissionato a un sicario l’assassinio dell’ex coniuge Ilenia Fabbri. È questo, in estrema sintesi, il ritratto del cuoco 49enne di Brisighella condannato nel dicembre scorso dal collegio penale a 16 anni di reclusione per avere tentato di uccidere nell’estate del 2021 l’ex moglie avvelenando il suo caffè mattutino con un mix di farmaci in sovradosaggio: un ritratto messo nero su bianco dal collegio presieduto da Cecilia Calandra (a latere i giudici Cristiano Coiro e Natalia Finzi) nella sentenza. Nelle oltre 30 pagine di motivazione della condanna vengono ricostruiti i principali passaggi del processo: tra dichiarazioni dell’ex moglie, intercettazioni video-ambientali, messaggi whatsapp, accertamenti di consulenti tecnici e valutazioni mediche, l’esito è che le prove raccolte «non lasciano spazio ad alcun dubbio» circa la responsabilità di Scarzani. Tanto più che se quest’ultimo, scrive il giudice estensore, appare in più occasioni fornire ricostruzioni dei fatti «decisamente improbabili se non addirittura risibili», mentre l’ex moglie, «asse portante dell’accusa», viene invece giudicata «soggettivamente credibile» e le sue dichiarazioni «intrinsecamente attendibili», come il frutto della «sofferenza di un disvelamento progressivo» di fatti fortemente traumatici. Insomma, due versioni in netto contrasto fra loro, e il collegio ha creduto non solo all’ex moglie, ma anche alla messe di prove raccolte dagli inquirenti, a cominciare dai video registrati nella cucina della donna, in cui si vede Scarzani polverizzare nella tazzina da caffè pastiglie di Eliquis e Carvasin, in modalità tali, si sottolinea nelle motivazioni della sentenza, da creare una «escalation che rende del tutto evidente l’intento omicidiario», anche perché il cuoco brisighellese ha «triplicato il dosaggio stabilito dall’angiologo». Durante il processo, l’imputato aveva provato a spiegare il mix di farmaci di colori diversi adducendo un presunto daltonismo: per il collegio penale un «assunto dell’ultimo minuto», che fra l’altro non spiegherebbe nemmeno «come e perché» Scarzani «non fosse in grado di rilevare quanto meno la palese e notevole differenza di formato e grandezza delle pastiglie da lui utilizzate». Fra i dettagli passati in rassegna vi sono poi i riferimenti, fatti da Scarzani in alcuni messaggi inviati alla figlia, a un altro caso di cronaca, l’omicidio di Ilenia Fabbri avvenuto a Faenza il 6 febbraio del 2021. Per il cuoco, il mandante Claudio Nanni, «quello di Faenza», «non ha saputo fare» perché «doveva andar lui a farla fuori». Tanto è bastato al collegio per osservare che Nanni «evidentemente lo ispirava nelle sue azioni». E il movente? Uno dei possibili motori della «estrema crudeltà» messa in atto da Scarzani viene individuato nell’obiettivo di «togliere la figlia alla madre», ma non sarebbe questa l’unica «speranza» che nutriva il brisighellese. In un passaggio della sentenza si cita infatti una «illuminante» ricerca effettuata su internet dall’uomo: “Come si divide l’eredità dei soldi sul conto cointestato”. E, per rimanere nello stesso ambito, viene inoltre sottolineato come Scarzani, nel luglio 2021, fosse consapevole che «a breve avrebbe perso un cespite economico importante»: all’orizzonte, infatti, si stava per palesare la «firma del rogito per la vendita dell’appartamento di proprietà» dell’ex moglie.

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