Faenza, il Parco dei gessi candidatura italiana a Patrimonio Unesco

Faenza


Le sensazioni erano improntate all’ottimismo, ma nessuno si aspettava una risposta affermativa in tempistiche così brevi. La notizie è arrivata nel pomeriggio di ieri: il “Carsismo nelle evaporiti e grotte dell’Appennino Settentrionale”, denominazione in cui rientra la Vena del gesso al completo, è la candidatura italiana ufficiale alla lista del patrimonio mondiale dell’Unesco per il 2023. La Vena, insieme ad altri siti geologici che vanno dai gessi bolognesi a quelli di Onferno nel riminese, è riuscita a prevalere su una serie di proposte di candidatura di alto livello, in cui compariva anche il nome del Monte Bianco.
Il consiglio direttivo della Commissione nazionale per l’Unesco ha deliberato in favore della proposta avanzata nel 2016 dalla Federazione Speleologica Regionale Emilia-Romagna nel corso di una riunione in modalità telematica.
Solo una settimana fa la giunta regionale aveva dato il via libera all’iter di approvazione. Ora può così iniziare un nuovo step della candidatura, il più importante e decisivo, con la consapevolezza che in Italia non ci saranno più altri siti da battere.
La documentazione per la candidatura sarà depositata a marzo presso il Centro del Patrimonio mondiale Unesco a Parigi.

«È probabile che già nel giro di pochi mesi venga disposto l’invio di alcuni commissari per effettuare sul posto le necessarie verifiche – spiega il presidente della Federazione speleologica, Massimo Ercolani –. Gli esiti possibili sono tre: positivo, negativo, o un rinvio. In ogni caso è già accaduto che un parere negativo dei commissari sia stato smentito dall’Unesco centrale: è ad essa che spetta la parola definitiva».
In ogni caso la speranza è che l’Unesco riconosca il valore naturale, culturale, storico e archeologico della Vena del gesso e degli altri sei siti candidati senza bisogno di ribaltoni.
Ma quali sono stati i fattori che hanno contribuito a questo primo risultato? Secondo Ercolani sono almeno tre: «I fenomeni carsici nei gessi sono molto importanti e interessano in modo particolare l’Unesco. In un documento di qualche anno fa si specificava proprio come, nel novero dei siti patrimonio mondiale, non ce ne fosse nemmeno uno relativo alle evaporiti».
Una mancanza che adesso potrebbe essere finalmente colmata. «D’altra parte – prosegue Ercolani – i nostri gessi vengono studianti dal XVII secolo e le università della regione sono le massime autorità al mondo in questo ambito. Inoltre non va trascurato il fatto che si tratta di siti protetti».
Lo scenario che si aprirebbe in caso di ottenimento del riconoscimento rivoluzionerebbe un territorio che già in questi anni, sull’onda delle tendenze turistiche nate con la pandemia, sta registrando un incremento di visite e apprezzamenti. Ma il percorso non è concluso e occorre tenere i piedi per terra, anzi, come si dice da quelle parti, “calma e gesso”: «Il futuro di questi luoghi – conclude Ercolani – sta nella conservazione dinamica e nella protezione dell’ambiente, mentre il passato è rappresentato dalla sua distruzione. Da parte della Federazione assicuro l’impegno a proseguire ricerche, studi e opere di tutela per arricchire ulteriormente le conoscenze a sostegno della candidatura e promuoverla in tutta Italia».

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