È piaciuto talmente tanto che i faentini non vorrebbero più separarsene. E ci sono buone possibilità che possa accadere per l’opera di Alessandro Turoni “E’ galèt de’ paciùg” attualmente installata al centro della Rotonda del Fontanone, parte integrante della mostra collettiva “La Borda” a cura di Filippo Maestroni e Veronica Bassani, scansione estiva del Wam Festival di arti performative. Il galletto, realizzato in legno ed altri materiali recuperati dall’alluvione è diventato un simbolo estrapolato dalla Romagna arcana, inteso ad esorcizzare la calamità di maggio e a richiamare le attenzioni sulla ricostruzione. Vi si legge un messaggio di speranza: «la bellezza rinasce da ciò che è andato perso».
«La sua creazione è ispirata da tutto ciò che abbiamo passato e perso – afferma Veronica Bassani –: mentre la mostra era già programmata, il galletto è nato in progress, da un’idea avuta in tre, io, Filippo e Alessandro, noi stessi colpiti dalla calamità. I materiali infatti provengono dalle nostre case. I badili usati per il fango, di varie forme e dimensioni, sono diventati la cresta e i bargigli, i pallet utilizzati per accatastare mobili ed elettrodomestici in strada compongono il piumaggio».
Plebiscito popolare
L’effetto è davvero sorprendente, al punto da scatenare una sorta di plebiscito popolare affinché l’opera diventi permanente. «Per farlo sicuramente ne dovremo parlare con l’Amministrazione – continua Bassani –: le proposte non mancano, anche di privati che vorrebbero acquistarlo. Noi ovviamente pensiamo che possa diventare un bene comune. Intanto prolungheremo la sua permanenza nella rotonda per tutto agosto, chiedendo una proroga, poi ci piacerebbe annunciare pubblicamente il suo destino».
Lasciarlo dove è nato pare improbabile perché andrebbe ad inficiare la prospettiva del Fontanone che è un’altra opera d’arte, però non mancano le proposte dei cittadini per una nuova location.
Si pensa a luoghi particolarmente colpiti dal disastro: via Lapi, nel parco sotto le mura vicino all’edicola, in via Renaccio o al parco di via Calamelli, oppure in via Cimatti o alla rotonda della via Emilia verso Forlì. Ma più di tutti pare gettonato l’argine del Lamone, nei pressi del Ponte delle Grazie che a questo punto potrebbe risorgere con il canto del gallo.
Possibile ricollocazione
Per l’autore Alessandro Turoni «una sua ricollocazione è fattibile, ma ovviamente l’opera andrebbe rinforzata, servono protettivi del legno e del metallo, altre viti nell’ossatura così da avere una durata più prolungata. Attualmente è smontabile in sei pezzi, avvitati, ma vi sono anche delle parti saldate. L’ideale sarebbe riprogettarlo, adattando le dimensioni alla nuova location. Per farlo occorrerebbe un budget».
Il galletto è nato estemporaneo, creato in una settimana negli spazi dietro il Fontanone e collocato in una notte ad incarnare le emozioni che tutti sentivano. «Per noi – conclude Bassani – è un monumento alla resistenza culturale, testimonianza di una ferita collettiva romagnola».
Bravi!
Bellissima e significativa opera.
Deve restare nel tempo a testimonianza.
Futura collocazione: rotonda di via Forlivese o Ponte delle Grazie.