Faenza, dopo Rontana scavi archeologici al castello di Ceparano

Faenza

Conclusa da poco la campagna di scavi 2021 al castello di Rontana, si è immediatamente aperta quella al castello di Ceparano, condotta pure questa dai professori Enrico Cirelli e Debora Ferreri, del Dipartimento di Storia, Cultura e Civiltà dell’Università di Bologna. Impegnati quotidianamente nell’opera di scavo, in un sito ancora “giovane”, è un nuovo gruppo di studenti che proseguirà il lavoro avviato nel 2018 e che a causa del Covid ha avuto un blocco, ma solo per quanto riguarda le operazioni sul campo, non certo in merito agli studi di laboratorio, mai interrotti, grazie a sofisticati programmi informatici messi a disposizione dall’Ateneo di Bologna.

Come sostenuto da Cirelli «a Ceparano ci troviamo di fronte ad un complesso molto più grande di quanto ci aspettavamo che stravolge la storia finora conosciuta: si tratta di un villaggio fortificato che interessa addirittura due colline. Finora sono venuti alla luce una chiesa del X secolo, fabbricati estesi e un ossario con i corpi di oltre 150 individui. Ripartiamo da qui».

Tanto da scoprire

Infatti c’è ancora molto da scoprire soprattutto intorno alla torre principale di cui esistono i ruderi, oggetto di indagine approfondita, come pure in merito allo sfruttamento delle cave di macine in calcare esistenti in loco. Di particolare interesse è la scoperta di pietre ollari, la cui presenza suggerisce la possibile presenza di una fabbrica, un giacimento o comunque l’utilizzo del minerale per manufatti di cui si stanno cercando reperti. Ancora da definire con precisione la forma primordiale del sito. I ritrovamenti appartengono allo Stato e andranno in concessione all’Università per lo studio: saranno censiti, catalogati e approfonditi in relazione all’età, all’uso e ai materiali. La campagna è possibile grazie ad accordi con la proprietà che ha concesso l’autorizzazione.

Novità a Rontana

Intanto negli ultimi giorni a Rontana (scavo operativo dal 2007) non sono mancate le sorprese. Dopo il sigillo plumbeo probabilmente riferito a Papa Gregorio Magno, pontefice dal 590 al 604 d.c., «documento piuttosto raro e testimonianza di notevole spessore è stata riportata alla luce una grande parete costruita in mattoni, in ottime condizioni, parte integrante del sistema di difesa dell’imponente bastione della Rocca medievale», ha rimarcato l’archeologo. Soddisfazione anche per il rinvenimento di numerose nuove sepolture. Qui l’area ha ormai raggiunto un tale livello di monumentalità da rappresentare una ghiotta occasione per una trasformazione (come da progetto in corso) in sito archeologico “scoperto” fruibile a fini culturali e turistici.

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