Faenza, dopo l'incendio: "Evitato un grave disastro ambientale"

Faenza


L’incendio alla Atim: l’azienda con magazzino negli stabilimenti dell’Antarex in via Proventa, quest’ultima rimasta illesa, avrebbe potuto avere conseguenze devastanti dal punto di vista ambientale.

Fin dall’inizio del rogo, mercoledì scorso, uno dei primi provvedimenti, memori di quanto avvenuto alla Lotras, è stato quello di contenere i reflui inquinanti, derivati dalle operazioni di spegnimento. Fotocopiatrici di grandi dimensioni, bruciate con tanto di toner e soprattutto ceneri di plastiche con contenuti inquinati, miste ad acqua, attraverso le caditoie hanno presto invaso i canali di scolo che percorrono le campagne, e avrebbero potuto raggiungere il mare, se non si fosse intervenuti nell’immediatezza. Prezioso il contributo fornito dal Consorzio di Bonifica e dai tecnici del Comune. Provvidenziale la decisione di arginare lo scorrimento dei reflui tramite due barriere di terra dette “cavedoni”, la cui realizzazione nel letto del Fosso Vetro, praticamente secco per la siccità, ha dato buoni frutti.

Il presidente del Consorzio Antonio Vincenzi ha rivolto un plauso al personale: “dopo una delle abituali giornate lavorative di straordinario impegno, è rimasto in piedi tutta la notte, onde fornire una qualificata opera nel risolvere un problema che poteva avere conseguenze nefaste di lunga scadenza”.

Un successo in parte determinato dalle dimensioni dell’incendio, inferiori a quanto accaduto alla Lotras nel 2019. L’efficacia dei cavedoni ieri era evidente dal colore dell’acqua nel fosso Vetro, chiara a valle, scura e densa a monte, dove si dovranno concentrare le operazioni di bonifica nei prossimi giorni. “L’Arpae – afferma l’assessore all’ambiente Luca Ortlani – ha fatto prelievi nel tratto inquinato e abbiamo chiesto i risultati delle analisi presso i laboratori di Ravenna, con urgenza, perché dalla classificazione del tipo di rifiuto sapremo come gestire e smaltire”. Solo se dovesse piovere abbondantemente e il canale si riempisse potrebbero esserci infiltrazioni di liquidi a valle. L’Arpa è intervenuta anche in merito all’aria durante l’incendio, effettuando “misure di acido cloridrico, ammoniaca, acido cianidrico, cloro e monossido di carbonio con fialette colorimetriche, e accertamenti sulle sostanze volatili con strumentazione portatile, nelle vicinanze del capannone e in un altro punto sotto vento, senza rilevare concentrazioni significative”. Sul capannone sequestrato e i detriti giacenti sono in corso indagini di Polizia e Vigili del Fuoco alla ricerca di elementi sulle cause. Restano aperte tutte le ipotesi, compreso il dolo e la colpa. L’edificio dovrà essere sottoposto a verifiche strutturali a spese del privato che sta valutando come procedere.

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