Faenza, anche i faentini tra i fondatori di Barcellona

Faenza

La diffusione ancora evidente di pini marittimi sulle colline faentine trova oggi una spiegazione in una lapide custodita al Muhba (Museo de historia Barcellona). Una lapide che chiama in causa Faenza, presa in esame dallo storico Luigi Solaroli, il quale, focalizzandosi sulla scritta, rivela curiosità storiche e scoperte finora passate inosservate: la presenza in epoca romana di una numerosa colonia di faentini in Catalogna, il contributo dato dagli artigiani manfredi all’espansione di Barcellona e al suo prestigio, e perché la collina faentina è così costellata da numerosi pini.

«Le nostre colline – spiega Solaroli – erano anticamente ricche di boschi, soprattutto di pini: ebbene questi alberi non sono autoctoni, ma furono piantati dai romani per la costruzione di navi, vista la vicinanza con il porto di Classe, e questo ce lo tramanda Silio Italico, poeta, avvocato e politico romano vissuto tra il 25 e il 101 d.c. autore fra l’altro dei Punica il più lungo poema epico latino pervenutoci (oltre 12mila versi)».
La presenza dei boschi sviluppò proprio nel faentino una sorta di classe o corporazione, quella dei maestri d’ascia, pare tra i più esperti dell’impero. Tant’è che quando Roma diede input al porto romano di Barcellona, inviò in Catalogna molti faentini a lavorare nei cantieri navali. Fu un vero e proprio esodo.
«Lo dimostra il fatto – aggiunge Solaroli - che molte famiglie portavano a quel tempo il cognome Faventinus».

Addirittura la paternità della stessa città fu attribuita ai faentini come appare nella lapide custodita al Muhba “COL(olonia) IVl(liae) AVG(ustae) FAV(entiae) PAT(ernae) BARCIN (o o onis)", ovvero Colonia Iulia Augusta Faventia Paterna Barcino.
Di certo quella lapide attribuisce ai nostri maestri d’ascia un ruolo di primo piano nella sua crescita in epoca romana.
L’abilità nella lavorazione del legno trova oltretutto testimonianza nella presenza in città, in particolare fino al secolo scorso, di ebanisterie e falegnamerie di grande valore: una su tutte l’Ebanisteria Casalini, insediata dove oggi si trova il Mic.

Concentrandosi sulla lapide invece, questa fa parte di una ricca collezione di importanti reperti romani della Barcellona antica, provenienti dal sottosuolo della stessa piazza che ospita il museo (Plaça del Rei, quartiere gotico) e da un tempio romano con le colonne di Augusto. Il percorso museale consente di ammirare com’era Barcellona un tempo e come si è evoluta nel corso degli anni. Il reperto che cita Faenza non è di così immediata decifrazione e probabilmente non è stato finora adeguatamente approfondito, per esempio da quale infrastruttura potesse provenire, ma l’occhio attento dello storico faentino ne ha individuato legami e aspetti che contribuiscono ad aumentare la conoscenza della Faenza romana e il profilo ambientale delle nostre colline, disseminate a quel tempo di pini e non solamente di querce.

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