Facchinetti come Emis Killa: "Riccione non è sicura, i miei figli non ce li porto"

Riccione

«Ho paura a portare i miei figli a Riccione, sostenere l’opposto è una grande bugia». Non si è ancora placato il marasma suscitato dalle dichiarazioni del rapper Emis Killa che dal suo profilo Twitter ha paragonato Riccione a Marsiglia, quanto a degrado e pericoli. Ed ora a scatenare un nuovo putiferio ci pensa il conduttore televisivo, cantante e dj Francesco Facchinetti che rilancia al grido di «Italia come Kabul». Da ricorda che la sindaca Daniela Angelini ha annunciato di agire per vie legali contro Emis Killa.

Il parallelo con Ibiza

Senza tanti preamboli il 42enne, erede del celebre Roby dei Pooh, va dritto al punto in un video postato sui social: «Se dico che Riccione non è più un Paese sicuro e io con i miei figli non ci vado perché ho paura, non dico una bugia ma – sottolinea - una cosa oggettiva». Sostenere l’opposto, prosegue Facchinetti, «è una grande bugia, anzi significa mettere la testa sotto la sabbia, forse per un falso patriottismo». E ancora: «Ho letto un sacco di commenti, ci sono persone che ritengono che solamente alcune zone di Riccione non sarebbero sicure. Riccione non è più quella di una volta, che faceva concorrenza a Ibiza, ora non è neppure un’unghia di Ibiza».

Qui Duomo di Milano

E rincara la dose: «La Riccione di Cecchetto non esiste più, spero possa ritornare agli antichi fasti insieme a Claudio, che so che sta lavorando per questo obiettivo e rimettere la grande Riccione e spero che ritorni la grande Riccione. Ma, se un posto non è sicuro, non è sicuro». Prima estende le sue osservazioni anche alla città meneghina: «Se vai alle 2 di mattina al Duomo di Milano o alla stazione, c’è una guerra urbana, dovrebbero esserci camionette di militari, invece ce n’è una». Poi si ricollega con il discorso di Killa: «Alle 2 o alle 3 di mattina, con le tasse che pago, voglio andare in giro con un jet d’oro e non mi deve succedere nulla. È pericoloso per tutti, beninteso, non solo per i ricchi. Il nostro – conclude – è il Paese più bello del mondo ma anche quello gestito nel modo peggiore».

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